martedì 17 gennaio 2012

Bufera e gelo in Lombardia

Oggi proverò a far qualcosa per la prima volta su queste pagine, per cui siate clementi, è stato pubblicato pure sul gruppo facebook di Libera Monza e Brianza. È un tentativo di ricorstruire la vicenda balzata agli onori delle cronache nella giornata di ieri: l'arresto del consigliere nell'ufficio di Presidenza della Regione Lombardia Massimo Ponzoni, dell'ex assessore provinciale Rosario Perri, dell'ex sindaco di Giussano Franco Riva, del vice presidente della provincia di Monza e Brianza Antonino Brambilla e dell'imprenditore Filippo Duzioni. Quella che segue è una semplice unione di ciò che le fonti giornalistiche forniscono, non è nulla di originale. Cercherò di dare un minimo di ordine alle cose, cosa che ho trovato complicatissima dato che ogni nuovo nome che emerge apre una nuova storia.

Partiamo dalle accuse: Ponzoni, già assessore all'ambiente ed ex coordinatore del Pdl a Monza, è accusato di bancarotta fraudolenta per il fallimento della società immobiliare "Il Pellicano", appropriazione indebita, finanziamento illecito ad esponenti politici (in cui rientra, secondo le accuse, il Presidente della Regione Formigoni) corruzione, concussione, peculato e abuso d'ufficio. L'inchiesta è partita in seguito al fallimento di due società immobiliari con sede a Desio, Il Pellicano e la Mais, nel 2010. I finanzieri non son riusciti a notificare l'arresto perché pare che notte tempo Ponzoni si sia recato in Francia per motivi di lavoro, sebbene da Twitter il giornalista de Il Giorno Alessandro Crisafulli scriva che sia stato visto fare colazione in un bar nel centro di Desio.
Accusati di corruzione e concussione sono l'ex sindaco di Giussano, Riva, e l'ex assessore provinciale Perri. Perri, detto il Cardinale Nero, era direttore dell'ufficio tecnico al comune di Desio e si dimise in seguito all'inchiesta Infinito. Infatti dall'ordinanza di custodia del gip per l'indagine antimafia Infinito emerge che Natale Marrone, che era stato eletto consigliere a Desio, chiese al malavitoso locale Candeloro Pio, di compiere un'azione violenta contro Perri. Pio si rifiutò in quanto Perri è "appoggiato" da persone evidentemente di rispetto (sic.). Perri è noto anche per aver fatto costruire una montagnetta di detriti vicino a casa, bloccando la strada, in modo da rendere la sua abitazione più protetta, a sottolineare il potere che poteva vantare sulla città di Desio.
L'imprenditore bergamasco di una società di consulenze Filippo Duzioni, invece, secondo le accuse, ha veicolato ingenti somme di denaro frutto degli accordi corruttivi.

L'intreccio tra questi personaggi è parecchio esteso nel tempo e pare decisamente incentrato sulla figura di Ponzoni, il ragazzo prodigio della politica brianzola, classe 72, mr. preferenze. A 18 anni fonda uno dei primi club di Forza Italia a Desio e viene eletto nel consiglio comunale. A 27 anni viene eletto in consiglio regionale con 8000 preferenze. Formigoni nel 2006 lo premia con l'assessorato alla Protezione civile e successivamente, nel 2008, con quello all'ambiente. Nella recente ordinanza di custodia si legge che Ponzoni in una intercettazione, in seguito alla sua elezione con 11000 preferenze, si dichiari soddisfatto del risultato, anche perché questa volta non gli è servito l'appoggio dei clan 'ndranghetisti. Nel frattempo Ponzoni stringe legami con potenti personaggi della politica lombarda, tra cui Giancarlo Abelli, braccio destro di Formigoni e poi parlamentare Pdl.
Chi è costui? Detto il Faraone, è il politico più influente nella zona di Pavia. Dopo la dissoluzione della Dc sotto i colpi di Mani Pulite si lega a Formigoni e si infila nel sistema della sanità lombarda. Da lui deve passare chiunque voglia fare carriera o affari nel settore, che Formigoni trasforma in un sistema in cui a erogare servizi sono sempre più i privati, con i finanziamenti pubblici. La cronaca giudiziaria lo vede protagonista, ma assolto, di una serie di regali che l'imprenditore Poggi Longostrevi (che si è suicidato in seguito allo scandalo delle ricette d'oro, Abelli invece venne promosso assessore da Formigoni) fece sempre nell'ambiente sanitario, tra cui un bracciale d'oro da 3.200.000 lire alla moglie di Abelli. In seguito allo scandalo si lega ad un altro imprenditore, Giuseppe Grossi, ciellino e re delle bonifiche. Grossi viene arrestato nel 2009 per 22 milioni di euro di fondi neri a spese della Regione Lombardia. In questa operazione venne arrestata anche la moglie di Abelli, Rosanna Gariboldi, assessore a Pavia, che poi patteggiò una condanna a 2 anni per riciclaggio.
Arriviamo dunque a Rosanna Gariboldi, sostenuta fortemente da Carlo Antonio Chiriaco, direttore Als Pavia, finito in carcere con l'accusa di associazione mafiosa nel 2010 (noto per il famoso "noi abbiamo il Niguarda, la psichiatria e la casa di riposo di Trivulzio" e per essere amico del boss Pino Neri). La candidatura venne interrotta dall'arresto di lady Abelli. Tralascio il filone che vede Chiriaco che passa a puntare su Abelli per le elezioni regionali, per piazzarlo alle infrastutture, in vista dell'Expo. Concentriamoci su Rosanna Gariboldi, socia di Ponzoni nella società Il Pellicano, la quale ci consente di ritornare sull'ex assessore.
Ponzoni opera incontrastato a Desio con Perri, di cui ho già parlato, e Natale Moscato, imprenditore calabrese, fratello del comandante della locale di Desio, ma assolto dall'associazione mafiosa. Viene coinvolto in vicende di abusi edilizi e una villetta di famiglia viene abbattuta in quanto abusiva, il tutto mentre è assessore all'ambiente. Poi arrivò un'avviso di garanzia per corruzione, una mazzetta di 200.000 euro presa, secondo le accuse, dall'imprenditore Duzioni, in cambio di un permesso a costruire su un'area di Desio (si vantava di avere il potere di cambiare la destinazione dei terreni, da agricoli ad edificabili).
E si arriva finalmente al fallimento della Pellicano, in comproprietà con la Gariboldi e Buscemi (assessore regionale che non finisce indagato dalla Bocassini, ma nell'indagine Infinito emerge che aveva rapporti col boss Mandalari, in più si mobilitò in favore del neo eletto direttore Asl di Milano, Pezzano, finito nella bufera mediatica per i suoi rapporti con gli uomini di 'ndrangheta). Interessante è che sia proprio l'assessore all'ambiente che gestisce un giro di speculazioni edilizie, ma il grosso dell'attenzione va sulla Gariboldi, in affari con il re delle bonifiche Grossi, indagato per affari poco puliti sulle aree di Santa Giulia a Milano, Falk a Sesto (di cui è esperto il caro Penati) e Sisas a Pioltello. E le bonifiche sono di responsabilità politica proprio dell'assessore all'ambiente, cioè Ponzoni, socio della Gariboldi.
Oltre ai contatti coi Moscato, ha contatti con un altro boss, Fortunato Stellitano, con già precedenti per associazione mafiosa e arrestato nel 2008 (operazione Star Wars) per traffico di rifiuti tossici. Venne arrestato dopo una latitanza, sebbene si incontrasse, secondo i tabulati, proprio con Ponzoni in un noto bar di Desio. La vicenda che lo coinvolge è la trasformazione di una cava in via Molinara a Desio, in discarica di rifiuti tossici. Quando la cava venne sequestrata e sottoposta ad analisi, Stellitano parla con Domenico Cannarozzo (padre dell'ex proprietario della cava e legato al clan gelese di Salvatore Iaculano) e si accordano per organizzare la bonifica del terreno che loro stessi avevano avvelenato. Cosa gli da tanta sicurezza? Lo dice lui stesso: "Martedì vado a trovare Massimo e mi faccio fare lo svincolo, che è l'assessore all'ambiente ed è a posto". La cosa non andrà in porto e lui andrà in carcere, ma è evidente che parlava proprio di Ponzoni. Infatti l'allora comandante della polizia provinciale di Milano, Zanardo, dice: "attraverso tabulati telefonici abbiamo provato diversi contatti tra Stellitano e il cellulare di Ponzoni".

Tornando alla cronaca recente, il socio di Ponzoni, Pennati, sostiene in una lettera che Ponzoni si è reso protagonista di innumerevoli malefatte, ad esempio il milione e seicentomila euro serviti per la sua campagna elettorale proverrebbero in minima parte da sovvenzioni, il resto da società per comprare voti e pagare ristoranti (fino a 15-20 mila euro al giorno), tra cui la Mais per la nota questione delle vacanze di Formigoni. Altro finanziatore, sempre secondo le accuse, è l'imprenditore di pulizie Pietro Rivoltella, il quale lo finanzia per essere favorito presso il direttore generale dell'ospedale Niguarda Cannatelli per avere l'appalto. Pare che la corruzione sia stata fatta per mezzo di 2 appartamenti, regalati da Ponzoni ai 2 figli di Cannatelli.

Insomma, indagini ancora aperte e tutte da dimostrare, resta però un quadro di inquietante scambio di favori e sotterfugi più o meno legali. Al momento in cui scrivo Ponzoni è ancora in Francia, secondo l'avvocato che ha promesso che tornerà per chiarire la sua posizione. È martedì mattina e c'è del gran gelo sulla Lombardia.

Aggiornamento 17 gennaio, in serata: Ponzoni questa mattina si è presentato alla Guardia di Finanza di Monza ed è stato trasferito in carcere, dimostrando, secondo gli avvocati, piena volontà a collaborare.

piesse: le note "storiche" sono prese dal libro di Gianni Barbacetto e Davide Milosa "Le mani sulla città".

sabato 14 gennaio 2012

Che è un Paese senza memoria

Quanti si sono imbattuti in commenti simili, anche essendo i protagonisti dei commenti medesimi. Ebbene, di solito queste sono le persone che non han bisogno di scrivere su google per cercare la cosa che viene loro ricordata. Perché spessevolte non sono loro che se la ricordano. No. Loro sono quelli che dicono aaaah quando qualcuno dice una cosa che han sentito almeno una volta.

E subito, tronfi del ricordo sopraggiunto, sentenziano che la gente non c'hanno memoria, per questo tutto va a rotoli.

Potrebbero, così, per cambiare, cominciare a ricordarsi da soli le cose, facendone baluardo di moral insegnamento. Ma no, a loro in realtà non importa ricordarsene. Importa solo la parte in cui si pontifica.

Che poi, diciamolo fuori dai denti, pontificare con qualcosa che ci si ricorda da sé è motivo di cambiamento di mutande.

domenica 8 gennaio 2012

Storia di una incredibile felicità

Guardò l'orologio. Era un orario strano, credo di non averlo mai visto, pensò. Era solito prendersi alle volte delle serate per sè. Girava squarciando coi suoi fari asimmetrici il buio della città. La radio magari spenta, il finestrino aperto, la sigaretta che getta ovunque meteorici lapilli per via della turbolenza. Era solito terminare le sue modeste corse entro i limiti di velocità in qualche bar, di quelli che non frequentava abitualmente.
Molti considerano il bere da soli un gesto di tristezza, solitudine, tormento. Per lui non era così, non che gli mancasse la compagnia, solo che ogni tanto gli piaceva trovarsi del tempo da condividere con il suo bicchiere, il suo pacchetto di sigarette, il suo tavolo in legno consumato da generazioni di artisti del bassorielievo, con la gente che gli scorreva intorno.
E osservava.

Sorso.

La sua vita era un barcamenarsi tra coppie che non si sarebbero mai lasciate, salvo lamentarsene, e foto rese scarse tanto dal fotografo quanto dal mezzo. Si ritagliava così il suo angolo di paradiso fuori dal rumore di quella società.

Sorso.

Due tavoli più in là delle ragazze alternano un tenuo schiamazzare al silenzioso abbozzare con le labbra le parole di qualche canzone. Canzoni buone solo per estrapolare qualche verso che sicuramente farà effetto scritto da qualche parte. Per lo meno su di loro.


Sorso.

Al bancone si orchestrano i più o meno diffusi discorsi da bar.
C'è la crisi.

Che insieme a ce lo chiedono i mercati è il nuovo me lo dicono le vocine nella testa.
Ce lo chiedono i mercati!

E bam... ti prenoti per lo sconto di pena.


Sorso lungo, a sentire il malto, che c'è crisi.

Guarda che tette quella.
Eh ma così grosse vedrai, tra qualche anno...
Che poi che gliene frega degli anni successivi, pensava, quelle tette le desidera qui ed ora, tempo qualche anno e fanno a tempo a innamorarsi. A quel punto che gli frega delle tette?

Sorso.

Non la capiva, tutta quella gente la fuori, così ossessionata dall'estetica, dalla ricerca di un modo in cui le cose in qualche modo sono loro gradite. Senza saper accettare più la bellezza per quello che è. Apprezzabile veramente solo quando ha la capacità di stupirci.

Sorso.

Entra una coppia cromaticamente mal assortita, sebbene omogenea. Come se Formigoni facesse un pompino a Elton John.
Pensò questo mentre beveva.

Rise.
Schizzi negli occhi.

Fazzoletto.

Sorso.

Raccoglie il pacchetto di Winston rosse dal tavolo. Si avvolge in una nuvola di fumo per proteggersi fino alla macchina. Sta volta la radio la accende. Janis Joplin gli stava graffiando le orecchie quando la strada sbandò. Lui, invece, no. Sorrise.

Sorso.

martedì 3 gennaio 2012

Una melanzana dopo l'altra, un filare dopo l'altro

Questo è uno dei post che si è perso nel trasferimento da Splinder, ci sono abbastanza affezionato e dunque lo ripropongo. È datato 14 agosto 2011, di ritorno da una bella esperienza.


Eravamo in 36, da ogni parte d'Italia, o quasi. La lunghezza del viaggio per arrivare a Polistena era solo motivo d'orgoglio. L'estate ruggiva tutta intorno alla scuola elementare di via Trieste, perché è lì che alloggiavamo, accampati, autogestiti, e noi cominciavamo ad incontrarci, pochi per volta, in un pranzo conviviale durato un pomeriggio. Venivamo da realtà anche molto diverse tra loro, ognuno aveva una storia diversa dall'altro e ognuno era ad un punto della sua vita diverso dall'altro, tuttavia c'era nell'aria questa comunione d'intenti, eravamo lì tutti quanti per fare del volontariato con il nostro lavoro, con il nostro sudore, su un bene confiscato alla 'ndrangheta.

Dal giorno seguente ci siamo recati, di buon mattino sul nostro scuolabus giallo con i sedili troppo piccoli per un adulto, sul terreno confiscato alla famiglia Piromalli, che controlla gran parte della Salerno - Reggio Calabria, il porto di Gioia Tauro e dunque buona parte del traffico di coca in Italia e in Europa. La stessa famiglia che quassù al nord possiede gran parte delle risorse immobiliari milanesi, che ha membri che ricoprono ruoli istituzionali importanti. E noi stavamo lì, tra le melanzane e i filari di peperoncino (l'uliveto è stato bruciato pochi mesi prima mandando in fumo 5 anni di lavoro), a sudare, ridere, cantare, conoscersi una melanzana sbucciata dopo l'altra, un'erbaccia sradicata dal peperoncino dopo l'altra.

Non si batte la 'ndrangheta con un campo di melanzane e noi in fondo eravamo poco più che turisti, con le nostre magliette rosse manco fossimo i City Angel, ma si lancia un messaggio. Non noi che dopo qualche giorno si torna a casa e quindi possiamo impegnarci, gettar sudore su quel campo e in quelle strade ma sappiamo che la nostra è poco più che una nobile finzione. Il messaggio vero è quello che lanciano i lavoratori della cooperativa Valle del Marro, che in quel mondo di sogni e incubi rurali ci vivono tutto l'anno, che i rischi se li prendono tutto l'anno, il tutto per mandare un messaggio di legalità, che un'altra Calabria è possibile, che la legalità crea posti di lavoro sicuri, onesti, che ti rendono orgoglioso di quello che fai, come eravamo orgogliosi noi quando ogni giorno tornavamo a casa puzzolenti e sporchi di terra, la terra di quel campo che ogni secondo sentivamo più nostro. Perché quella terra, la Calabria dico, merita di essere salvata. Una terra che ti vomita bellezza addosso da ogni parete, da ogni sbuffo di polvere arsa dal sole, da ogni odore. Una bellezza soffocata da una violenza che non gli appartiene perché a quella terra appartiene la disarmante ospitalità, i ritmi battenti delle tarantelle, gli odori penetranti, i colori vivi di ogni pianta e un cielo dannatamente blu. Una violenza che negli anni ha assopito nell'animo questa terra, lo si vede in ogni casa perennemente in costruzione, dalla spiaggia abbandonata all'Aspromonte, carico delle sue storie di odio e morte. Per questo quel messaggio è importante, per dare orgoglio ad una popolazione imprigionata nella paura e nell'omertà, come la lotta partigiana ridiede orgoglio ad una Nazione, la nostra, che fino a quel momento si era piegata a tutto.

E poi c'eravamo noi, fugaci piccoli dardi rossi di passaggio in quel mondo, che eravamo lì ad emozionarci insieme, nel lavoro, nelle testimonianze dirette di quella violenza a cui assistevamo ogni pomeriggio. Ed era un brivido continuo, dallo sguardo triste di Debora Cartisano, all'irruenza di Francesco Forgione, ai nostri visi sconvolti dal poco dormire, alla voce consumata dal cantare e dall'urlare. All'emozione che ricordo con più affetto, gli occhi di Antonio Napoli, il responsabile della cooperativa che dettava le regole del campo, lucidi mentre, appena abbozzando le parole, ci guardava cantare e ballare i 100 passi. Al brivido più forte, quello che si prova conoscendo e legando con persone molto diverse da te, un legame che poteva nascere così forte solo sotto il lavoro, le vesciche sulle mani, i tagli dovuti alla scarsa perizia nell'usare il pelino. Perché è nel lavoro che questa Repubblica si fonda, nel lavoro ci si unisce ed è nel lavoro che si battono le mafie, non lasciandogliene più il primato (ricordo che la mafia è la prima industria in Italia, un fatturato tre volte quello della Fiat).

E infine si torna a casa, con un po' di nostalgia, molto orgoglio, 35 amici in più, la voglia di ripetere l'esperienza, di raccontarla a quanta più gente possibile e meglio che si può così che ogni brivido che mi è riaffiorato scrivendo queste righe a tratti intricate arrivi a chi mi ascolta.

E state liberi, stiamo liberi.

lunedì 2 gennaio 2012

Messeg in a botl

Non so quanti di voi l'abbiano mai fatto da giovani, di scrivere una lettera al se stesso di qualche anno dopo, ma, ebbene si, il vostro affezionatissimo è uno di quelle persone che scrive al se stesso del futuro. O almeno così parrebbe dal foglio un po' accartocciato che ho trovato dietro all'armadio oggi.

L'armadio non viene spostato da 12 anni, il foglio è datato 2002, ma superato questo piccolo ostacolo quantomeccanico (nonché il notevole accumulo di polvere e le strane forme di vita che ivi avevan su messo famiglia), quanto quel foglio contiene è quantomeno sorprendente.

Quando muori non credo gliene freghi uno stracazzo di niente a nessuno di quante frasi di Jim Morrison sai sfoderare nei momenti più opportuni

Sul retro, invece, c'è scritto:

Ricordati di scriverlo sul blog, non importa il contesto

Ed io così ho fatto, fedele a me stesso.

Buon anno stronzetti.