domenica 13 gennaio 2013

Si vede che sei portato

Questo vuole essere un post in risposta all'Argonauta che ha scritto queste belle parole. In realtà più che una risposta è una riflessione che mi ha portato a fare, e a scriverne spinto da quel fuoco lento di cui parlava, in merito al suo punto di partenza: scrittori si nasce. A dirla tutta ho avuto recentemente, per puro caso, un bel dibattito su analogo argomento e, sempre per puro caso, sono stato spinto a riflettere sulle parole di un professore non mio che sostenevano, in sostanza, che le scienze umane fossero più difficili di quelle naturali.

Parto brevemente da questo ultimo punto, tralasciando l'orrenda consuetudine di dire scienze umane, dicendo che non è una competizione: è normale riuscire in qualcosa e avere difficoltà in altro. Non esiste una classifica di difficoltà delle discipline proprio perché questa dipende prevalentemente dal grado di interesse che uno ha nel momento in cui vi si adopera. Analogamente non ha senso chiedersi chi fosse più genio tra Salvador Dalì e Richard Feynman. Son partito da qui proprio perché le parole di questo professore, che solitamente altri professori dicono nella versione opposta, si fondano su un grave errore nel nostro sistema educativo che ora proverò a esporvi.

Veniamo dunque alla risposta per l'Argonauta. Scrittori non si nasce, ma semplicemente per l'esistenza della necessità di imparare, sperimentare, mettersi in gioco. Mi sono sempre opposto a concetti come il, ben noto a chi fa fisica (credo), "sei portato a fare [nome attività]", un po' perché se fossi portato probabilmente farei meno fatica, un po' perché il rovescio della medaglia è che, per motivi a me sconosciuti e mai chiariti, non dovrei essere portato a fare altro. E credo sia brutto insegnare, perché se questo succede da piccoli lo vedo come un insegnamento (forse più un'installazione quasi permanente), alle persone che non possono fare qualcosa. Per carità, ci sono i geni che, nel mettersi a fare quello che fanno, danno un alito di sapere in più al loro mestiere, ma quelli sono, per l'appunto, geni, mosche bianche. Le persone normali, cioè tutti, possono in principio fare quello che vogliono.

Insegnare un concetto come la predisposizione ad una specifica attività limita enormemente il potenziale dell'espressione della mente umana, incanalandola in binari che non ha mai voluto e che, ancor peggio, qualcuno ha imposto sfruttando un ruolo, quello dell'insegnante o del genitore, che dovrebbe essere il più alto simbolo della generosità umana. Questo è esattamente il meccanismo che ha portato un buon numero di persone, ma dentro di me ho il sospetto che sia la maggior parte, a credere di non essere portato per la matematica e dunque mai ad impegnarsi con la stessa lena spesa per altre discipline. Sono sempre stato fin da piccolo un rompipalle che non ascolta le persone ma, ahimé, qualcosa riuscivano a farmi passare ed è per questo che io non so disegnare. Il mio compagno di banco alle elementari, per analogo motivo, non solo non sa disegnare ma non sa nemmeno contare troppo bene. Esasperando il discorso, quelli che non sono riusciti a rispondere alle domande di logica del concorso per insegnanti probabilmente non hanno nemmeno provato a ragionarci, perché nella loro testa non è quello che sono portati a fare.

Cosa fa quindi la differenza? Certamente l'insegnamento, che sia fatto in modo da ispirare il più disinteressato degli studenti, che indirizzi ma non costringa una mente in formazione a prendere una strada o abbandonarne un'altra. Tuttavia, tralasciando ovvi discorsi socio-economici che, proprio per la loro ovvietà, avrebbero una potente voce in capitolo, la differenza più netta, alla fine, la fa l'individuo esprimendo quella libertà che non gli è stata negata. L'espressione più genuina è probabilmente la capacità di saper accettare, anche a priori, l'eventualità del fallimento. Solo così forse sarà in grado di avere il coraggio di sperimentare, di sviluppare la testardaggine quando le cose vanno storte e la forza di ripartire quando questa testardaggine era al servizio di una fallace idea. Solo così quando troverà il suo prevedibile limite sarà in grado di assumersi ogni responsabilità.

La prima espressione matematica che mi sono inventato, me lo ricordo bene, l'ho inventata in terza elementare. La maestra, che per altro era una brava maestra, aveva detto ad un altro che era portato per la matematica. L'aveva detto come se, per qualche motivo, avesse un talento che tutti gli altri non potevano avere. Ricordo che pensai che non fosse il caso che una frase simile venisse detta ad uno dei più bravi, ma piuttosto a chi era più in difficoltà, come incoraggiamento. Presi un foglio da disegno, i cari Fabriano che sei obbligato a comprare, lo misi in orizzontale ed iniziai a scrivere una serie di numeri ed operazioni di ogni genere. Dopo due righe e mezzo misi un uguale e la mostrai alla maestra all'inizio dell'intervallo. Mi disse che ci voleva troppo per risolverla. A fine intervallo io, che non ero portato, avevo trovato il risultato che si rivelò essere giusto il giorno dopo. Da quel giorno ho smesso di ascoltare troppo la gente, ho sviluppato una fastidiosissima arroganza e supponenza che solo col tempo ho ridotto (di poco, mi piace pensare, con arroganza, di saperle sfoderare nei momenti più opportuni) e ho dovuto aspettare il liceo prima di avere di nuovo un compito a casa di matematica che richiedesse qualche particolare sforzo intellettivo. Oddio, più che altro dovetti cambiare il modo di impegnarmi. Oggi sto, toccatina, per finire la mia tesi di fisica teorica. Le materie scientifiche mi han regalato i voti scolastici migliori solo quando iniziai a distrarmi parecchio in altre materie, più per l'insegnante (ancor più per la mia pigrizia, ma la pigrizia ce la mettevo in tutto con la stesso impegno) che per la materia in sé.

Oggi non bado più alla lunghezza delle equazioni, ho imparato sulla mia pelle che mi fottono in qualunque forma.

Ancora mi da fastidio non saper disegnare, non so fare un sacco di cose nel mio campo, tuttavia disegnare è la cosa che mi brucia di più.

venerdì 11 gennaio 2013

Santosconi vs Berluscoro

Giovedì sera c'era Zucchero sui rai2 che suonava bene. No così, per dare un'informazione in più.

Ho aspettato un po' che sfogaste tutti i vostri ormoni inceppati prima di mettermi a scrivere giusto un paio di sintetiche considerazioni su quello che, a sentire i giornali, le radio, le televisioni e le bacheche di facebook, è stato il match del secolo. C'è chi dice che ha vinto Santoro, c'è chi dice che ha vinto Berlusconi, c'è che dice mah pensavo meglio, c'è chi crede abbia vinto lo sport. Ha vinto il calcio, come al solito, perché è da tifosi di calcio che, ancora una volta, ci stiamo ponendo. Prima della trasmissione dissi, non qui ma lo dissi, che Berlusconi avrebbe avuto un calcio di rigore a favore un po' perché era una metafora a mio avviso appropriata, un po' perché così ero sicuro che avrebbero capito tutti. Invece no.

Ieri sera non c'era una gara, c'era un uomo, vecchio, privato degli amici avvicinandosi agli amici medesimi per la quarta volta (e per due volte si sono detti che basta), che aveva la prima vera occasione di fare un salto di qualità. Come? Facendo perdere la pazienza ai presenti, facendosi fischiare, insomma portando a buon fine la provocazione che da mesi preparava. Così sarebbe stato la vittima, scesa nella tana del lupo pur di farsi baluardo della pluralità dell'informazione e sbranato dai ricconi col rolex cattivi che vogliono solo fare ascoltatori in più. Poteva solo puntare su questo perché non ha, ma questo è da anni che non ce l'ha (12 anni pieni), nulla da dire alla gente.

Nulla.

Se l'Italia va male è colpa dei giudici comunisti, per questo per salvare l'economia bisogna riformare la giustizia e, per esempio, depenalizzare il falso in bilancio. Se ho fatto male in Europa è per un complotto internazionale e per Tremonti bastardo (come se questo, tra l'altro, lo assolvesse).

Lo stesso vittimismo di sempre, la stessa visione ostentatamente paranoica di sempre, la stessa mordacchia subdola all'utilizzo della parola libertà, lo stesso machismo. Ha giusto aggiunto un timido tentativo di instillar compassione ripetendo di continuo che è un nonno.

Santoro, che, sia chiaro, non apprezzo particolarmente, questo lo sapeva e forte della vittoria già incassata, ovvero il fatto di averlo lì attirando attenzione verso un programma che ha subito molto la crisi della politica, ha tenuto sempre basso il tono di voce e del discorso, lasciandolo cuocere nel suo brodo di parole ormai vuote.

In questo clima vi ricordo qualche dettaglio che vi siete dimenticati per quanto è successo dopo (non dico altro perché chi lo dice sa di esserlo):
  • Per almeno la seconda volta di fila Berlusconi ha ammesso che, contando il sommerso, saremmo fortissimi a livello economico e, badate bene, non ha detto che vuole combattere il sommerso, bensì che vuole combattere il sistema che sottostima tale indicatore.
  • L'unico vittimismo nuovo, il complotto internazionale contro di lui (non contro l'Italia, contro di lui), è stato argomento di ogni suo discorso nell'ultimo mese e si fondava sulle sue prove (si si, prove) che la banca di Stato tedesca aveva architettato tutto. Dopo un mese finalmente qualcuno ha controllato, nell'istante prima di essere smascherato ha finto un lapsus, durato almeno un mese. Meno male, sarebbe stato terribile avere al governo un uomo che lancia accuse simili, tanto più se sono anche infondate.
  • Si è attribuito la paternità della legge sulla confisca dei beni mafiosi, in fondo il trentennale dall'assassinio di Pio La Torre (comunista, magari è per quello), ideatore insieme a Rognoni della legge medesima del 1982, era solo l'anno scorso.
  • Monti era partito bene, si è montato la testa ed è diventato di sinistra, supportato dalla CGIL, dalla FIOM e da chissà chi altro. Lo so io chi altro, da lui, il principale sostenitore di Monti, ma anche quello che l'ha fatto cadere, ma anche quello che gli ha offerto due giorni dopo un posto nelle sue liste.
  • Avrebbe potuto fare degli ospedali per bambini nel mondo ma ha preferito tornare per la sesta volta in parlamento, per un posto che non vuole e che non ha alcun potere, tutte parole sue.
  • L'intervento di Travaglio, dopo la lista di mascalzoni che Berlusconi ha avuto intorno (lista vera, anche se Travaglio è un diffamatore professionista la lista rimane vera), si è concluso con il ragionamento migliore che ogni elettore indeciso dovrebbe fare.

Poi Berlusconi si è messo a leggere una pagina di Wikipedia, per sua ammissione, e Santoro non ha retto, cadendo a mezzora dal traguardo. Ecco, i vostri ricordi riprendono grossomodo da qui, forse avete anche notato che Berlusconi fa per dare la mano e, fallendo, prova ad abbracciare Santoro, felice dell'obbiettivo raggiunto. Se non l'avete notato i vostri ricordi partono quando il candidato presidente si è messo a pulire la sedia prima di sedersi. Che classe.

Ecco, se non mi sono sbagliato nella mia valutazione della memoria collettiva direi che le elezioni sono ancora aperte, altrimenti sono quelle di un mese fa in cui il PD corre solo e che solo il PD può perdere. Il giorno dopo, a giudicare l'umore popolare, l'argomento si è già spostato su Moggi candidato in Piemonte, dove tra l'altro vincerà perché lo voteranno gli Juventini complottisti (se cambiate i soggetti funzionerebbe comunque, è il tifo il problema). Meno male che domenica, e il campionato con lei, è vicina.

martedì 8 gennaio 2013

Settantacinquepercento

A testimonianza del fatto che i Maya avevano ragione, ché il mondo è finito e siamo già alle repliche, ieri notte il pdl e la lega han trovato un accordo e, con un vento di avvenire rivoluzionario, si presenteranno insieme alle prossime elezioni. Questo lo sapevo già mesi fa, tipo da quando era uscito il caso di Renzo Bossi che si faceva pagare dai soldi miei le lauree albanesi. O le figurine. Quello che non sapevo, e che non so (come chiunque altro), sono i termini dell'accordo, quindi proviamo a fare un filo di ordine.

L'accordo, da quanto ho capito, prevede che se Berlusconi vince, cosa di cui è fiducioso perché quel 40% (!!!) che l'ha sempre votato è facile da convincere (poi i coglioni erano gli altri no?), la lega, che nel mentre avrà vinto la presidenza della regione Lombardia con Maroni, potrà tenere sul territorio lombardo il 75% delle tasse che i Lombardi pagano. Poi la macroregione, che forse si sono rassegnati a definire Padania solo il loro giornaletto. Poi Tremonti, che la lega di governo ha sempre criticato come ministro.

Un accordone, con grandi promesse per due partiti che mai sono stati alla guida del Paese e della Lombardia negli ultimi 19 anni. 

Nessuno che abbia in mente un minimo di economia nazionale direbbe mai con serietà che il 75% delle tasse della regione più ricca possa rimanere alla regione medesima.

Mio nonno diceva sempre che la quinta volta è quella buona, in fondo.

Non è vero.

Non lo diceva mio nonno, non credo non l'abbia mai detto nessuno nella vita, ma soprattutto non è vero che l'accordo è quello. Perché se fosse questo l'accordo, Berlusconi avrebbe semplicemente concesso la possibile presidenza della regione Lombardia in quanto niente, ad oggi, può far pensare che due partitini distrutti dalle loro azioni, che han perso pezzi in altri partiti e in varie celle di San Vittore, possano arrivare al, chessò, 20%. Berlusconi è una persona che, avrete capito, non è che proprio stimo, ma non lo ritengo un pirla, un ignorante si, ma non un pirla. Quindi direi che ha fatto questo con cognizione di causa. La domanda ora potrebbe essere: quindi cosa ci guadagna?

Ci guadagna la possibilità di destabilizzare il futuro equilibrio del Senato (grazie alla leggina che han fatto loro poi), una manovra eversiva, se vogliamo. La manovra che, nelle intenzioni e nel cammino, vuole porlo ancora in una posizione di ricatto nei confronti dell'Italia tutta. La domanda allora potrebbe essere: perché mai un interdetto ai pubblici uffici (in primo grado, ma pur sempre interdetto) potrebbe mai volersi porre in tale posizione?

Insomma, siete di quelli che non votano perché non cambia niente? Ecco, andate a votare lo stesso, è non votando (o votando sta gentaglia) che non cambia niente, l'unico modo di salvarci da sti cialtroni fautori dell'accanimento (quello vero) terapeutico nel confronto della carcassa che per anni hanno spolpato è mandarli sotto il maledetto 4%. Certo è che con una bassa affluenza questo meraviglioso risultato è impossibile, quindi vota e fai votare, poi fate quello che volete, ma andateci a votare. Son pur sempre una coalizione che in passato ha fatto eleggere persone che si erano comprati i voti: se votano poche persone quei voti comprati basteranno a farsi eleggere, in caso contrario no.

Berlusconi è laureato di giurisprudenza e guardate come è messo giuridicamente, come pensate che sarebbe come ministro dell'economia?

lunedì 7 gennaio 2013

Una storia d'amore

Un tunnel, una serie di giorni più o meno mangerecci, in cui invecchi, invecchia pure quell'altro più famoso, cambi calendario. Una sorta di mondo incantato ti circonda tenendoti lontano dal mondo finché bam, dannata epifania.

L'aria frizzante del mattino è qualcosa di tonificante, un tiepido sole si affaccia timido dalle case dietro ai binari. Tutti silenziosi attendiamo il carrozzone di metallo che, fischiando, rallenta come solo lo stridore del metallo consente di fare. Il momento dopo sei lì, nello stretto corridoio che fieramente divide i sedili, in piedi insieme ad altri ad osservare chi, fortunato, si è seduto. Una fortuna guadagnata con l'esperienza e con l'attesa, un privilegio che solo l'arbitrarietà del caso può distribuire, un privilegio che osservi con quella punta di invidia, stretto tra la moltitudine di pendolari che ti sostiene nei cambi di velocità in un abbraccio dato malvolentieri ma non per questo meno rassicurante.

Lo vedo, era in fondo alla carrozza e si avvicina inesorabile con il passo di chi cammina col fango fino alle ginocchia, con lo sguardo di chi spera di trovare spazio nella testa del treno, di chi non ha un posto dove andare ma crede che il suo diritto di andarci sia in qualche modo più importante di chi sta lì e sopporta silenzioso l'abbraccio di estranei. Ora è a 2 persone di distanza, mi sporgo in avanti, premendomi contro l'apposito sostegno cui reggersi come da indicazioni e trasformando quell'angusto corridoio nel passaggio più comodo possibile per te, cavaliere errante del diritto mal riposto.

È dietro di me, pare di partorire, un parto in cui il nascituro dispettoso si ferma sulla soglia e sta lì, a riflettere sul cosmo e sulla vita probabilmente. All'improvviso sopraggiunge la consapevolezza, seguita da uno smarrito terrore: quell'animale maledetto in giacca e cravatta, con la sua sciarpa di cashmere carica di vigliaccheria, non voleva passare, voleva il mio posto. Si, il bastardo ha visto da lontano il mio sguardo gentile e ha deciso arbitrariamente che solo un gran posto poteva infondere cotanta serenità. Ha meditato a lungo su quale tattica adottare, dissimulando una improbabile marcia verso una terra promessa e poi, una volta accertatosi del mio spostamento, vestendo l'abito di chi si accorge dell'assurdità del tutto si ferma a leggere della carta piombata.

Oramai non provo altro che un cieco furore, sento i capillari degli occhi che pulsano, la visuale periferica si oscura.

Che sia un infarto?

No, mai avere infarti mentre si sta in diagonale su un treno di pendolari, lo sanno tutti, sono le regole.

Potrei tirargli una gomitata, di quelle date con lo slancio e cariche di quantità di moto, lì sul cervelletto, osservare le sue ginocchia piegarsi e sulla sua carcassa senza più energie sedermi. Se lo facessi abbastanza in fretta potrei farlo passare come un nuovo sedile. No, non sarebbe giusto, di certo qualcuno si accorgerebbe del movimento improvviso. Meglio affidare la cosa ad una mistica danza delle lame, con una veloce torsione del busto posso portarmi a tiro della sua arrogante carotide e regalargli una morte carica di una misericordia che non merita. No, poi dovrei comunque giustificare 4 litri buoni di sangue arterioso sui miei compagni di viaggio.

Intanto che valuto il punto migliore per recidere vasi sanguigni meno pirotecnici di questa feccia della società il bagliore industriale mi segnala che la mia fermata è giunta. Per questa volta è salvo, meglio così: la prossima volta che ti incontrerò, perché succederà, godrò nel vedere la tua vita spegnersi in fondo a quegli occhi che chiedono pietosi e ipocriti cosa mai si può aver fatto per meritare tanta silenziosa ferocia.

Io starò in piedi, ad osservarti morire senza patetici suoni, a guardarti con lo sguardo di chi dice: Lo sai perché, fellone, lo sai.

La nostra routine è dalla mia parte e sarà la tua fine.