giovedì 26 luglio 2012

Sul futuro del blog e su altre cose poco utili


Luglio, come noterete dall'archivio, è stato un mese ricco di post, mi son fatto trascinare dall'impeto della quotidiana notizia, della quotidiana commemorazione, una produttività cui vi invito a non abituarvi. Luglio è l'ultimo mese in cui si lavora, per molti almeno. Per me sarà invece l'ultimo mese in cui studio, in senso strettamente didattico, l'ultimo mese prima di iniziare ad imitare la vita con quella che sarà la mia tesi.

Smettete di strapparvi, disperati, i capelli: non è un messaggio di chiusura del blog, le nostre grigissime vite si incontreranno, salvo tracolli di ispirazione, ancora e con forza su queste pagine biancorosse, accumunate da questo Arial giustificato. In fondo c'è gran bisogno di pornografia che, in un mondo in cui trovare un paio di tette è fin troppo facile, è una pornografia emotiva. Questo è un blog: la pornografia dei propri pensieri, un sottile pavoneggiarsi della propria spinta esibizionista condita con l'arroganza di pensare che ciò che ci passa per la testa sia, inspiegabilmente, degno di esser detto a persone che non conosco. O che conosco, visto che ho 23 lettori per post. L'altra grande motivazione, lo sapete perché nella vita vera non parlo d'altro, sono le statistiche che google, con orwelliana ispirazione, mi mette a disposizione. Un po' perché è mia segreta aspirazione capire come la grande g funzioni quando uno fa una ricerca.

Ma prevalentemente perché vedervi giungere su queste pagine cercando le cose più zozze (l'ultimo, e mio eroe, è quello che ha cercato "posti dove fare orge libere", arrivando al post su Genova di fine marzo, il che fa riflettere su Genova o sul mese di marzo) mi da quella sensazione di aver reso un gran servizio alla comunità.

Poi si, mi interessa un sacco sapere quante più cose sulla mia utenza e più scrivo più so.

Messaggio personale per il primo visitatore di stamattina: non troverai mai, qui, un modo di rompere il ghiaccio con le donne. E stai certo che quando trovo un metodo più legale di mettere di nascosto del vicodin nel loro negroni sbagliato non verrò certo qui a raccontarlo.

Poi ci sono quelli che si sentono un po' scrittori nell'animo e il blog è certamente un ottimo modo di rivitalizzare quella lingua italiana che nel quotidiano non andiamo ad utilizzare più del necessario. Giocando e coccolandosi con le proprie parole. 

È la pornografia della masturbazione terminologica.

Infine c'è chi ha qualcosa da dire, qualche notiziola da mettere insieme, qualche protesta da fare. Il blog è la libertà di essere tutti questi individui in un'unica luminosa pagina, che regali quei pochi minuti di fancazzismo che ci distraggano dal fancazzismo più generico, sempre su pagine retroilluminate, che pervade un po' ogni momento, dacché si può portarsi la propria nullafacenza comodamente in un 3,5 pollici nella tasca.

Insomma tutto per dire che magari smetto di scrivere per un po', magari pubblico domani altri 8 post, ma solo perché voi tutti ve ne andate in vacanza e non voglio obbligarvi a spendere più tempo di quello che passereste accarezzando il vostro telefono. Nuove forme di autoerotismo.

Oppure continuo con questi post autoreferenziali che segretamente spero nessuno legga, ma che ancor più segretamente spero che si e che, ma lì scatterebbe l'amore che lancia il cuore al buio, qualcuno riesca a cogliere quel pensiero sano che voglio esprimere. Robe mai viste visto che ricevo al massimo un commento a post, sempre dalla stessa, magnifica, persona.

L'altra opzione è invadervi con un po' di quella scienza, in versione cialtrona, ma sana, come mi piacerebbe nella vita, che ogni giorni mi prende a pugni in maniera più o meno velata.

Insomma, c'ho voglia di cambiar un po' rotta e volevo dirvelo, perché tanto non c'avete una mazza da fare. Ogni scusa è buona per raccogliere nuove statistiche, devo far tornare ubuntu il primo sistema operativo che mi visita.

Buone vacanze e, ricordate, accarezzate con più dolcezza i vostri telefoni: la sabbia graffia.

giovedì 19 luglio 2012

Non c'è bisogno di figurine, c'è bisogno di eroi

Paolo Borsellino, che oggi ricordiamo a 20 anni dalla brutale uccisione, è un eroe.

Questa è una frase che si ripete spesso. Ma quanto è vera?
C'è sicuramente un eroismo oggettivo, quello di un uomo che sapeva di avere poco tempo, che sapeva di essere il prossimo sulla lista, che sapeva che il tritolo per lui era già arrivato a Palermo. Un uomo che stava andando incontro alla morte e ha per questo svolto, più duramente che mai, il suo lavoro. Eroe vero.


Ma cosa rimane oggi dell'eroe? Quanto ci è rimasto nella vita di tutti i giorni del suo esempio e del suo insegnamento?

Quando non portiamo nel cuore e nelle azioni quell'insegnamento, di un uomo servitore dello Stato, un uomo che era lo Stato, circondato da serpi più o meno nascoste, Borsellino smette di essere un eroe e diventa una figurina. 

Noi dunque ci ritroviamo a fare l'antimafia delle figurine, l'antimafia dell'anniversario tondo.

Non lasciamolo essere una figurina. Solo con il nostro impegno, Paolo Borsellino (e la sua scorta, servitori dello stato ed eroi quanto lui, gente che ha fatto la fila per rischiare la propria vita) è un eroe. Se l'impegno è quotidiano e costante Borsellino smette di essere solo una figurina e torna ad essere l'eroe che è stato. Ricordarlo così, con l'esempio e l'impegno, è il vero modo di dargli giustizia.

E, non so voi, ma io mi sono stancato di giocare con le figurine, sono passati 20 anni, sono grande e voglio giustizia.

mercoledì 18 luglio 2012

La frequenza in sciopero

Il paese dove vado a dormire ogni notte è un paesino piccolo piccolo, incastrato in quella distesa di case a perdita d'occhio che parte da Milano e termina, credo, in Finlandia. Ci si vive, se si può aver l'ardire di definire così il susseguirsi di respiri in uno stesso posto, in poco più di 7000 anime. L'età media è verso i 400 anni (contando anche i neonati), uno di quei paesotti che ha tutto, non ti serve uscire dai confini per soddisfare i tuoi bisogni primari. Infatti quando andavo a quell'inferno giovanile chiamato scuola media inferiore i ragazzi del paese si trovavano nella piazza centrale, al sabato sera, a non fare niente, ad essere fighi. E oggi? Oggi pure, son passati più di 10 anni e sono ancora tutti lì, a fare niente, cambiano i vestiti, alcuni hanno addirittura una barba quasi percettibile, ci arrivano in macchina anche se abitano a non più di 200 metri da lì, ma sono fighi esattamente come 10 anni fa. È una piazza con un parrucchiere, 5 banche, il grande palazzo del comune, un finto canale sempre senza acqua, un bar, 2 pizzerie e un ottico. Al sabato c'è il mercato, si sveglian tutti presto per raggiungere il pompelmo migliore prima degli altri, le quattro chiacchere di circostanza che qua chiamano vita sociale e dopo cena non trovi niente di aperto, nessuno in giro. Quelli sotto gli 80 anni sono giovanissimi e hanno ancora la luce accesa, percepisci il bagliore di qualche televisore.

Credo aspettino la fine del Carosello.

Non c'è altro, vicino alla scuola media c'è l'oratorio, non lontano dalla chiesa, un oratorio che prima che il bar diventasse una cappella per non pagare l'ICI era anche ritrovo di giovanissimi e meno giovanissimi.

Nel paese dove vado a dormire, 5 giorni fa, è bruciato il ripetitore della tv. Da 5 giorni la televisione non funziona, prende solo scariche, qualche frammento di frequenza rai, l'indispensabile Capri TV e, fortunatamente, Telemarket. Non so bene cosa sia successo, so solo che è successo e così sanno tutti in paese, nessuno in realtà sa se sia vero, lo si è dedotto dalla presenza di un camion dei pompieri in sosta lì davanti. Fattostà che non va: accendi la televisione e vedi solo te stesso, sei il tuo unico programma della serata. C'è smarrimento nella popolazione, ho visto alcuni addirittura comprare un giornale (e fin lì nulla di strano) e, lo so non ci credete, leggerlo. Non solo i titoli che riesci a vedere anche se hai settemila anni, anche tutte quelle parole intorno che circondano le fotografie.

La mia vicina è un donnone sottile, che a vederla ti da l'impressione di esser tenuta insieme dal fondotinta, che senza quel trucco così sfacciatamente giovanile si sgretolerebbe al vento, disperdendosi, abbracciando tutti. È una signora molto dolce, ma anche molto sola e la televisione era quel rumore ad alto volume che riempiva i suoi pomeriggi estivi, invernali, autunnali, primaverili, ma anche le sere, ma anche le mattine. Insomma, una presenza così costante che anche quando si andava a trovarla per farle compagnia si sentiva, da altre stanze, la voce di, chessò, Fabrizio Frizzi.

Ho un serpente nello stivale.

La tv non funziona da 5 giorni e tutti, come la mia vicina, anche se loro non han la scusa di essere anziani e soli, sono disperati. I genitori non possono nemmeno riempire qualche minuto della loro giornata chiedendo ai figli cos'hanno fatto a scuola. I figli non possono nemmeno riempirne altri rispondendo con candore niente. E nella disperazione l'animo umano ne esce esaltato dal suo ingegno, la gente hanno cominciato a parlarsi, incontrarsi casualmente e andare quel passettino oltre alle domande di circostanza cui in realtà non ascolti la risposta. Pare abbiano quasi imparato ad ascoltare la risposta e, lo so che pare fantascienza, andare oltre, rispondere a loro volta. Nel merito.

La tv non funziona da 5 giorni e i bambini sono, timidi e un po' spaesati, nei prati, anche se fa caldo, che quando sei bambino il caldo non ti ucciderà. Se non si conoscessero già tutti sono convinto che si sentirebbero addirittura dei scusate posso giocare con voi. È una situazione al limite dell'assurdo, come se esistesse una vita all'infuori di casa, come se la passeggiata si potesse fare anche di lunedì e non solo la domenica al tramonto, giusto in tempo per il banchetto zanzariero. Insomma, è come se si fosse tutti da giorni in vacanza in un Paese straniero. No, di più, anche all'estero in vacanza, se puoi, la tv la accendi, giusto per guardarla, senza capire.

Come a casa.

La tv non funziona da 5 giorni e sono il protagonista delle mie trasmissioni serali, l'immagine è un po' scura ma trasmettono stentate note di violino, frenetici studi di fisica delle particelle, il mio superquark, una trasmissione di sonno profondo che concilia il riposo e quella trasmissione, di un quarto d'ora al giorno, uguale in tutte le case, in cui si prova a riaccendere tutto, risintonizzare, stando con la faccia da tossici a fissare il nero dello schermo. Anche se si è nel profondo convinti che, mi piace sognare, altri 5 giorni così e si comincerebbe ad organizzare qualcosa, come comunità. Che in fondo interagire è meno fastidioso di quanto sembrerebbe, se non ci si crogiola come il sottoscritto nel caldo abbraccio della nullafacenza e, soprattutto, se non fossero una quasi omogena prateria di gente fastidiosa. Però in fondo basta trovarne uno accettabile per interagire.

Tutti in attesa del tecnico che si arrampichi verso Dio ad aggiustare la nostra torre di Babele.

mercoledì 4 luglio 2012

Una particella della Madonna

Cern.ch
Se non siete particolarmente distratti, oggi è uno di quei giorni in cui il mondo si ricorda che esiste la fisica. Da un paio d'ore si è chiusa la conferenza al CERN di Ginevra in cui son stati presentati i dati raccolti negli ultimi mesi e dunque mi lancerò nella duplice ardua impresa di scrivere a caldo e farmi capire senza sembrare un caciottaro che nulla ha da invidiare ad un giornalista di Repubblica a caso.

Che ricerca è? Ottima domanda, bimbi, quello che si sta cercando in quell'anello interrato di 27 km è il bosone di Higgs. Una particella la cui esistenza è prevista nel Modello Standard delle particelle, che è ad oggi ciò che usiamo per descrivere il mondo subatomico. In particolare il bosone di Higgs è l'unica particella che rimaneva da osservare, dopo la scoperta del quark top nel 1995 presso il FermiLab (pigrizia nel controllare data e luogo, ma ci credo abbastanza).

Ah, quello che da la massa alle particelle, la famosa particella di Dio? No, cristosanto, no. Citando un mio professore/fotomodello Se la gente sapesse cosa fa il bosone di Higgs non lo chiamerebbe la particella di Dio, ma la "particella della Madonna". Ebbene, partiamo dal primo grande fatto della vita: le cose hanno massa. Per alcune donne la cosa pare essere angosciante, ma ricordo loro che ciò che le preoccupa in realtà è il volume, non la massa. Considerazioni estetiche a parte, arriviamo al secondo fatto che sanno un po' meno persone: esistono delle simmetrie.

Cosa sono le simmetrie? Dunque, in parole povere che mi sto impigrendo sempre di più, se un sistema fisico ha una certa simmetria tu, osservatore (vocativo), non ti accorgi se ci sono delle trasformazioni (sotto quella simmetria). Per esempio, prendete una palla perfettamente uniforme, non vi accorgerete mai se sta ruotando o meno. Le simmetrie sono importanti perché ci dicono molto sulla natura delle cose e il problema è sorto negli anni '60, quando non si riusciva a scrivere una teoria che contenesse oggetti con massa e le simmetrie che volevamo. Quindi cosa si pensò? Si pensò di scrivere la teoria senza metterci la massa e si trovò un sistema, detto rottura spontanea di simmetria, che inserisse in maniera naturale la massa senza rovinare la simmetria, che è sinonimo di eleganza e si sa quanto ci si tenga all'eleganza, nella vita. Ora, spiegarvi come funzioni non è complicato, ma senza conti è da cialtroni, sintetizzerò dicendo che per farlo si aggiunge un qualcosa alla teoria, un campo scalare, e i costituenti della teoria prendono così massa, si hanno le interazioni volute, tutto magnificamente inizia a tornare e ci si è lavorato per 50 anni buoni. Però una parte di quel qualcosa che si è aggiunto per i nostri scopi rimane lì e va a descrivere una particella con una massa ignota, spin 0 e carica elettrica 0. Ecco, quella roba la chiami bosone di Higgs. Non ha dato massa a nessuno, è solo il nostro Modello, non siamo così religiosi.

E in tutto ciò serviva andare in Svizzera? Si, perché sotto Ginevra è stata costruita la macchina più grande del mondo, un anello di 27 km in cui vengono accelerate le particelle e fatte scontrare, così da vedere cosa saltava fuori. Come da bambini quando fai scontrare le macchinine e ti diverti un sacco. Questo è il Large Hadron Collider, LHC, le macchinine sono gli adroni e il bambino divertito che le accelera sono dei meravigliosi campi magnetici. Questo si fa perché la teoria prevede che quelle che una volta eran considerate particelle elementari erano in realtà costituite da oggetti ancora più elementari, dunque serviva spaccare tutto per vedere questi oggetti. Un giorno ci sarà una teoria migliore che ci dirà cosa c'è di più elementare e così via. Forse.

Arriviamo dunque ad oggi, che d'ora in poi definirò il momento in cui farsi i pompini a vicenda, i dati presentati rappresentano un significativo passo avanti perché evidenziano che, là a 125 Gev dove non c'era nulla, c'è un segnale, a quanto pare nettissimo, che indica la presenza di una particella con alcune caratteristiche compatibili col bosone di Higgs. 94 minuti di applausi in sala, emozione tra i presenti, il vecchio Peter (Higgs, lui lui) commosso. Un giorno che potrebbe essere ricordato per sempre nella fisica contemporanea, una svolta che potremmo definire storica. L'ultimo mattone è stato trovato.
Forse.
Forse perché han detto che ci sono alcune proprietà che non ci si aspettava (il che è il bello di fare gli esperimenti, cercando di capire cosa succede, cosa c'è che non sappiamo), forse perché i dati sono parziali (per quanto nitidi), forse perché possiamo spingerci ancora più in là e forse perché potrebbe essere la punta dell'iceberg di una fisica ancora sconosciuta.

Insomma, c'è del fermento, c'è dell'entusiasmo e c'è della voglia di scoprire e l'atmosfera si sta facendo decisamente interessante. Ma per ora è il momento di farsi pompini a vicenda, checché ne dica Mr Wolf.

Ma se poi si conferma tutto che si fa? Bruciamo tutto? Eh no, questa teoria è degli anni '60 e la fisica teorica in quel campo è andata avanti libera e felice, per cui la più grande macchina del mondo potrà darci altre soddisfazioni o, nel peggiore dei casi, indicazioni che si è stati un po' troppo liberi e felici negli ultimi anni.

Oppure possiamo usarla per distruggere l'umanità, prospettiva altrettanto interessante.

lunedì 2 luglio 2012

Considerazioni a margine di sti Europei

A palle ferme, quelle da gioco, quelle che si son riempite della noia di alcune partite, quelle che girano vedendo la propria Nazionale prendere 4 goal, senza crederci nemmeno un po', in una finale d'europeo, potrei lanciarmi in qualche considerazione, di quel qualunquismo genuino che nel parlar di calcio ti vien così naturale, al bar come negli studi rai.

C'erano un po' tutti i presupposti per la grande vittoria, scandalo calcistico di finale di campionato, giocatori indagati, altri in dubbio che volevano probabilmente procurarsi un'amnistia per meriti sportivi, inizio zoppicante, 2, solo 2, belle partite che han dato tutta la fiducia, ma vabbé, c'era la Spagna che passeggiava da 4 partite e han vinto loro, più forti, più in forma, determinati, blablabla.

Prima cosa che ho notato è l'andamento delle borse, che avrà pur qualcosa di scientifico dietro, in funzione della vittoria o della sconfitta di una determinata Nazionale. Coincidenze, che nell'immaginario di un italiano, tifoso allenatore da quando ha 6 anni, non può che far pensare che tutta sta storia di spread, debito, crescita, finanza, sia tutta una grande bufala per mantenere chi lavora in borsa.
È stato l'Europeo dei cani uccisi, che nell'immaginario collettivo equivale allo stupro di neonati, perché guai ad uccidere i cani. Badate bene, non sto dicendo che non abbia avuto del disumano il modo in cui l'Ucraina ha deciso di risolvere un problema che probabilmente si portava avanti da secoli. Dico che la disumanità di uno Stato, emersa solo e solamente perché ci si giocava a pallone dentro, non ha fatto che risvegliare quel gusto del macabro del popolo di internet. Tutti ben disposti a condividere coi propri amici foto di animali morti, anche morti in altri luoghi e in altri tempi, l'importante è che fossero dei cani e che si vedesse qualcuno che li ammazzava. Al punto che viene il dubbio se lo scopo fosse informare, colpire con la forza brutale delle immagini, oppure semplicemente soddisfare un sadismo represso, inconfessato ed inconfessabile che un po' ci si porta dentro. Il sospetto è anche che se fossero state, chessò, scolopendre carnivore di mezzo metro, non sarebbe passato un po' per le palle di nessuno di sollevare un polverone. Boicotta, boicotta, poveri cani, almeno finché l'Italcalcio non ci regala un sogno, non tanto la paventata vittoria, quanto la possibilità che anche se si è inferiori, si può fare meglio, nel calcio come nella vita.
Le autorità Ucraine avevano sulla capoccia anche la spada di Damocle del loro trattamento nei confronti degli oppositori politici. Qui la sollevazione è stata inferiore, che mica son teneri come i cani, e fortunatamente più istituzionale. Ma anch'essa eclissata dalla possibilità di vincere, di poter dire che siamo i migliori, dal popopopooo.
Poi c'è stato il gioco, in cui un ragazzo nero di 21 anni dal talento spropositato non può essere fischiato, perché se lo fischi sei razzista, è nero. No, cari miei, se uno mi sta sulle palle posso fischiarlo, anche se è nero perché è così che mi comporterei con uno che mi sta sulle palle. Ma a quanto pare quelli che si mettono a moralizzare contro i fischi non sono poi così distanti da quelle bestie ancora convinte che la concentrazione di melanina in una persona possa in qualche modo esprimere un giudizio sulla qualità della persona stessa. È stato l'Europeo in cui è emersa la raccapricciante idea che non esistono negri italiani a meno che non facciano due goal alla Germania e popopopopo. Quell'idea in cui nero è bello se serve bene, se fa benissimo il suo lavoro. Che una volta tanto si prendesse dall'Europa anche quella cultura multietnica che si trova in alcuni grandi Paesi e non solo la politica economica, se ne parlerà forse per la prossima generazione. O per quando Balotelli farà 5 goal a partita nei prossimi mondiali.

Si, avevo elaborato qualche pensiero più profondo, ma non era meno banale di quelli sopra espressi, sperando di esser stato abbastanza provocatorio così e sperando che si riescano a fare riflessioni simili anche lontani dalla grande giostra del calcio internazionale. Perché, che ci piaccia o no, è da tifosi che ci poniamo nei confronti di quasi ogni questione sociale e non. Siam pur sempre un Paese dove per vent'anni ha governato il proprietario di uno dei maggiori club, che ha usato questa sua proprietà per fare campagna elettorale e il cui partito si chiamava come lo slogan più genuino che ti venga in mente guardando la squadra che porta la tua bandiera sul petto.
Ché non ho paura dell'italiano tifoso in sé. Ho paura dell'italiano tifoso in me.

domenica 1 luglio 2012

Rossaggini, il punto dove guarda il Ché nelle foto.

Visto che in sti giorni con persone diverse, in discorsi diversi, mi son emersi nella mente un po' di quei luoghi comuni, quei cliché, quei falsi miti che, nella storia di un giovane vecchio quale sono, lo rendono quello che è, un giovane vecchio di sinistra, un nipote dei fiori, ho deciso di elencarne alcuni, non del tutto in ordine temporale. Dunque lo scopo di quanto segue è di ricordarci quello che si è stati da giovinotti, sapendo ridere del proprio stereotipo e, infine, ricordarsi un po' perché era importante essere come si è. Insomma, ricordarsi che c'è bisogno di sinistra, nella vita, o tutto si chiamerà centro e le persone andranno sempre dritte, in linea retta, inconsapevoli ed incapaci di svoltare quando serve.

Si comincia un po' in sordina, inconsapevolmente, sul finale delle medie, con i maglioni sformati, i jeans consumati fino a strapparsi, le magliette scolorite e niente, niente che sia nike. Sono i tempi di Genova 2001, del io quell'acqua non la bevo ché è della Nestlé, dell'eco per anni di quelle parole giuste, e oggi sappiamo quanto dannatamente giuste, che si son perse nelle grida della violenza, del sapete solo tirare sassi, mai una proposta. Mai una volta che si ascoltasse una manifestazione.
Sono gli anni in cui pian pianino cresci, ti interessi, gli anni dei capelli lunghi, la barba incolta (all'inizio perché spunta così, all'improvviso e a tradimento, poi perché è così che deve essere, ribelle). Ti ritrovi con un libro ingiallito nei jeans, di quei vecchi tascabili che hai trovato in cantina o su qualche bancarella polverosa e che stanno bene nella tasca dietro. In inverno porti un cappottone, oramai da decenni non è più obbligatorio che sia un eskimo, ma il Manifesto piegato che spunta dalla tasca è sempre gradito. L'Unità, se vuoi fare il moderato. Quei tempi in cui sviluppi le tue idee di socialismo, hai la tua deriva marxista, la grande utopia, la feroce disillusione, leggi molto, che un po' intellettuale ti piace esserlo, hai sempre pronto il graffiante l'abolizione della proprietà privata non è nel Manifesto di Marx ed il tuo modo di definire l'infinito è, e per certi versi rimarrà sempre, il punto dove guarda il ché nelle foto.

Cresci in fretta, ti senti crescere in fretta, perché alle volte sei davvero due persone in una, e partono le grandi manifestazioni per la pace, con le fascette bianche di Emergency appese allo zaino. Mai che ci ascoltasse qualcuno, anche lì. Si riempiono le piazze e ci si conosce sempre tutti, anche se non sei propriamente la socialità fatta persona. 
Inizi con i Berlinguer era una brava persona, peccato non averlo visto vivo, oppure il Nudi si, ma contro la DC, oppure ancora lunghe invettive contro i quarant'anni di malgoverno democristiano che non hai visto. Urli fascisti carogne tornate nelle fogne. Ci si lancia a bomba contro l'ingiustizia.
Vai alle feste dell'Unità, seduti per terra, con la birra che gira, illuminati dai lapilli della complicità. Come i punkabbestia col cane, che stanno più in là e in cuor tuo sai che puzzano troppo. Diventano gli anni in cui balli scalzo, con la braccia larghe e la faccia verso il cielo, perché ai concerti si va per pogare e volersi bene. Se cominci a volerti veramente bene è il tempo dei baci sudati al vino ai bordi dei concertoni, in cui le punte delle dita devono in qualche modo terminare coi suoi fianchi, a limitarsi per non essere infiniti perché laggiù, all'infinito dico, ci può essere solo lo sguardo del che. I tempi, che si trascinano un po' per sempre se hai capito i veri perché, in cui alcune canzoni le devi ascoltare col pugno alzato.

Continui a crescere, ascoltando Radio Popolare, in inverno come in estate, coi 7 GR al giorno, i collegamenti dalle manifestazioni, la radiocronache di un po' qualunque cosa, strane storie in notturna, i se porti da mangiare puoi fare la trasmissione, se nessuno chiama entro 10 minuti mettiamo un cd e andiamo a casa, come trottole in piazza San Fedele, le risate con Passatel e, solo per un'estate, 2 all'ora, così non si suda. Cresci così e la rabbia giovanile fa spazio alla bile post adolescenziale, sei nell'era delle sigarette fai da te, sempre diverse da loro stesse, ribelli. L'era delle dita congelate per dare i volantini in dicembre quando piove e tira vento. Continui a passare il 25 Aprile a Milano ma ora concludi la giornata con la frittatona patate e cipolle in macchina. Continui con la cultura un po' da salotto che fa sempre piacere, ma ora abbandoni le pagine ingiallite, preferendo un film musicale su un pasticcere trotzkista nell'Italia degli anni '50. Inizi ad arrabbiarti davvero col tuo partito, perché si divide su tutto. Poi pian piano capisci che è un partito di sinistra, quindi c'è dibattito anche interno, fino al punto di dividersi e, guardando quelli dall'altra parte, sai nel profondo che è meglio così, alla fine. Cominci con InformareXresistere, poi capisci che son dei fascisti peggio di quei servi del potere.
Ci si divide, infine, in quelli che hanno accettato il compromesso e quelli che non l'hanno fatto e, per questo, ce l'hanno col PD.

E, D'Alema, dica qualcosa di sinistra.