Guardò l'orologio. Era un orario strano, credo di non averlo mai visto, pensò. Era solito prendersi alle volte delle serate per sè. Girava squarciando coi suoi fari asimmetrici il buio della città. La radio magari spenta, il finestrino aperto, la sigaretta che getta ovunque meteorici lapilli per via della turbolenza. Era solito terminare le sue modeste corse entro i limiti di velocità in qualche bar, di quelli che non frequentava abitualmente.
Molti considerano il bere da soli un gesto di tristezza, solitudine, tormento. Per lui non era così, non che gli mancasse la compagnia, solo che ogni tanto gli piaceva trovarsi del tempo da condividere con il suo bicchiere, il suo pacchetto di sigarette, il suo tavolo in legno consumato da generazioni di artisti del bassorielievo, con la gente che gli scorreva intorno.
E osservava.
Sorso.
La sua vita era un barcamenarsi tra coppie che non si sarebbero mai lasciate, salvo lamentarsene, e foto rese scarse tanto dal fotografo quanto dal mezzo. Si ritagliava così il suo angolo di paradiso fuori dal rumore di quella società.
Sorso.
Due tavoli più in là delle ragazze alternano un tenuo schiamazzare al silenzioso abbozzare con le labbra le parole di qualche canzone. Canzoni buone solo per estrapolare qualche verso che sicuramente farà effetto scritto da qualche parte. Per lo meno su di loro.
Sorso.
Al bancone si orchestrano i più o meno diffusi discorsi da bar.
C'è la crisi.
Che insieme a ce lo chiedono i mercati è il nuovo me lo dicono le vocine nella testa.
Ce lo chiedono i mercati!
E bam... ti prenoti per lo sconto di pena.
Sorso lungo, a sentire il malto, che c'è crisi.
Guarda che tette quella.
Eh ma così grosse vedrai, tra qualche anno...
Che poi che gliene frega degli anni successivi, pensava, quelle tette le desidera qui ed ora, tempo qualche anno e fanno a tempo a innamorarsi. A quel punto che gli frega delle tette?
Sorso.
Non la capiva, tutta quella gente la fuori, così ossessionata dall'estetica, dalla ricerca di un modo in cui le cose in qualche modo sono loro gradite. Senza saper accettare più la bellezza per quello che è. Apprezzabile veramente solo quando ha la capacità di stupirci.
Sorso.
Entra una coppia cromaticamente mal assortita, sebbene omogenea. Come se Formigoni facesse un pompino a Elton John.
Pensò questo mentre beveva.
Rise.
Schizzi negli occhi.
Fazzoletto.
Sorso.
Raccoglie il pacchetto di Winston rosse dal tavolo. Si avvolge in una nuvola di fumo per proteggersi fino alla macchina. Sta volta la radio la accende. Janis Joplin gli stava graffiando le orecchie quando la strada sbandò. Lui, invece, no. Sorrise.
Sorso.
E osservava.
Sorso.
La sua vita era un barcamenarsi tra coppie che non si sarebbero mai lasciate, salvo lamentarsene, e foto rese scarse tanto dal fotografo quanto dal mezzo. Si ritagliava così il suo angolo di paradiso fuori dal rumore di quella società.
Sorso.
Due tavoli più in là delle ragazze alternano un tenuo schiamazzare al silenzioso abbozzare con le labbra le parole di qualche canzone. Canzoni buone solo per estrapolare qualche verso che sicuramente farà effetto scritto da qualche parte. Per lo meno su di loro.
Sorso.
Al bancone si orchestrano i più o meno diffusi discorsi da bar.
C'è la crisi.
Che insieme a ce lo chiedono i mercati è il nuovo me lo dicono le vocine nella testa.
Ce lo chiedono i mercati!
E bam... ti prenoti per lo sconto di pena.
Sorso lungo, a sentire il malto, che c'è crisi.
Guarda che tette quella.
Eh ma così grosse vedrai, tra qualche anno...
Che poi che gliene frega degli anni successivi, pensava, quelle tette le desidera qui ed ora, tempo qualche anno e fanno a tempo a innamorarsi. A quel punto che gli frega delle tette?
Sorso.
Non la capiva, tutta quella gente la fuori, così ossessionata dall'estetica, dalla ricerca di un modo in cui le cose in qualche modo sono loro gradite. Senza saper accettare più la bellezza per quello che è. Apprezzabile veramente solo quando ha la capacità di stupirci.
Sorso.
Entra una coppia cromaticamente mal assortita, sebbene omogenea. Come se Formigoni facesse un pompino a Elton John.
Pensò questo mentre beveva.
Rise.
Schizzi negli occhi.
Fazzoletto.
Sorso.
Raccoglie il pacchetto di Winston rosse dal tavolo. Si avvolge in una nuvola di fumo per proteggersi fino alla macchina. Sta volta la radio la accende. Janis Joplin gli stava graffiando le orecchie quando la strada sbandò. Lui, invece, no. Sorrise.
Sorso.
Mi piace! Verso la fine è un po' confuso, ma per il resto riesci a mantenere un ritmo "sorseggiante". Per curiosità, cosa beve?
RispondiEliminaIn questo caso è whiskey
EliminaDa quando blogger ha introdotto la modalità "rispondi"? È fantastico!
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