mercoledì 16 dicembre 2015

Cose che mi aspetto dalla Forza che si sveglia

Nel caso viviate in una caverna e che l'unica pagina di internet che potete vedere sia questa, oggi esce nelle sale di mezzo mondo il settimo episodio di Star Wars, il primo ad uscire nell'era del social network pervasivo. Per quelli che, come me, han la pelle d'oca da Chewie, we're home e che devono attraversare il lungo deserto degli spoiler fino all'oasi della loro prima visione, ecco un piccolo decalogo (tanto piccolo da essere un quatercalogo) su come arrivare in sala nel miglior stato mentale possibile (ovvero le cose che mi sto raccontando per ingannare la tensione dell'attesa)

1. Remember Episode 1? Ecco, episodio 1 si può annoverare tra i dieci film peggiori di sempre, tuttavia la bruttezza è anche negli occhi di chi guarda, occhi che si aspettavano il film del millennio, gli stessi che hai tu ora. Non c'è film che potrà mai pareggiare le nostre aspettative.

2. Episode 5 ci ha già insegnato tutto della vita, dunque non mi aspetto, e non dovresti nemmeno tu, che J.J. Flare Abrams mi insegni altro. Da lui mi aspetto un buon prodotto di intrattenimento, con buchi nella trama che diano ai nerd (quelli originali) di tutto il mondo di che discutere per i prossimi 30 anni.

3. Gli spoiler non possono scalfire il nostro spirito. È chiaro che, da qui a quando vedrete il film, vi imbatterete in qualcuno che è andato alla proiezione mattutina del 16 dicembre. Costui vi apparirà sulla timeline come l'angelo della morte ed esprimerà un giudizio su quanto avrà appena visto. Quel giudizio vi sembrerà uno spoiler, voi lo odierete. Col senno di poi capirete che in fondo non era così importante. È pur vero che la prima volta che abbiamo sentito No, I am your father... search your feelings, you know it is true abbiam pulito i pavimenti con il mento per una settimana, ma è anche vero che i due terzi di quelli che si stan preoccupando tanto degli spoiler han vissuto quel momento sapendo già cosa stava per accadere... e l'hanno adorato comunque. Anche dal punto di vista delle emozioni, se J.J. Occhiolino Abrams non si smentisce, son sicuro che sarete abbastanza immersi nella visione da esservi dimenticati degli spoiler. Infatti son abbastanza certo che, alla prima apparizione di Han Solo, vi sentirete esattamente come alla fine del trailer.

4. Mark Hamill. Sempre sia lodato. Tuttavia è innegabile che la sua vocazione non era certo quella di far l'attore. Quindi più che un'aspettativa è una speranza, la speranza che Mark Hamil compaia il meno possibile e non parli.

Insomma, la trilogia originale difficilmente può essere superata, coi prequel non ci son nemmeno lontanamente andati vicino e non credo che i sequel possano fare di meglio (cioè, ovviamente saranno meglio, ma non supereranno la trilogia originale), se non altro perché non ho più 5 anni, non sto scoprendo per la prima volta quel mondo. Tuttavia mi aspetto un film che mi faccia divertire, che forse ripercorrerà un po' di cose già viste in precedenza (come pare dal trailer), ma che finalmente tornerà a lasciare un po' di mistero, un po' di senso di incompletezza, di quella effimera, indefinibile. Insomma, mi aspetto che torni un po' di fascino.

Now it's on you, J.J.

mercoledì 15 aprile 2015

Lettera aperta a Fabio Tortosa

Caro Tortosa,
quella notte non ero alla Diaz, non ci siamo mai incontrati e, francamente, spero la cosa non cambi mai. Ha avuto ragione su molte cose, ci sono in effetti due verità, una processuale e quel che è successo. Riesco perfino a comprendere il suo "lo rifarei 1000 volte", sapendo che l'ha già fatto 1000 volte.
Lei nella vita esegue ordini, lo fa per gli ammirevoli motivi che ha elencato, li stessi di chiunque faccia un qualunque lavoro. I suoi ordini, quella sera, erano di mandare un messaggio. I suoi ordini erano di colpire un movimento ormai finito con violenza fisica e psicologica, voi quella sera eravate lì per terrorizzare.

Ci siete riusciti, protetti dall'impossibilità di venire identificati, in un gruppo senza volto che fa del cameratismo omertoso il suo baluardo ogni volta che, tra le varie rapine in casa di cui vi occupate, decidete di esprimere quel lurido fascismo che vi portate dentro. È vero, non tutti i poliziotti sono fascisti, solo quelli che si notano. Se ci pensa è anche normale, tra la puzza e tutto quell'ostentato machismo, tra le teste rotte e le sospensioni occasionali ed arbitrarie dei diritti democratici, è facile capire come il poliziotto fascista venga notato più di un poliziotto qualunque. Ma l'omertà è totale, resta da capire se siete solo voi, luridi fascisti, a coprire le voci della gente per bene con il vostro baccano o se questa gente per bene, più semplicemente, stia solo rimanendo zitta. Spero tanto nella prima, perché una persona per bene non sta zitta davanti all'ingiustizia.

Non le scrivo per essere a mia volta un fascista della rete, ne sto vedendo fin troppi sui siti di informazione. Loro, come voi, sfogano la frustrazione di una vita meschina con la violenza, in questo caso verbale. Le scrivo per dirle che immagino quanto lei ed i suoi amichetti vi siate sentiti degli eroi. Avete espugnato una scuola, piena di pericolose persone intente a dormire in maniera minacciosa, li avete massacrati nel sonno, inseguiti nei corridoi, resi inermi, picchiati, protetti dalla catena di comando criminale che vi ha ordinato di farlo. Avete fatto loro dimenticare di poter esser protetti dai loro diritti, li avete ridotti male, molto male. Quelli che si reggevano in piedi li avete torturati nel vostro carcere, privati del sonno e dei più fondamentali diritti, avete fatto loro dimenticare che esiste una società e che quella società esiste per proteggerli. Ah, quanto vi sarete sentiti eroici, potenti.

E immagino che pure ora, con quelle sue frasi da vero uomo che non mostrano nemmeno l'ombra di pentimento per essere un bestia rabbiosa, si stia sentendo un vero duro. Le riconosco la furbizia di aver aspettato la fine del processo per dire al mondo che l'eroe è lei, non c'è momento migliore per essere dei veri duri di quando la cosa peggiore che le potrebbe mai capitare è di ricevere uno scappellotto da uno che si chiama Angelino Alfano.

Lei è un criminale, uno sgherro sottopagato di nemici della democrazia, la sua vita fa schifo perché in quella scuola ci è entrato, non si è risparmiato, ci sarà già entrato 1000 volte da allora e 1000 altre ci rientrerà. Protetto dal suo branco di sgherri senza volto, dal suo sindacato fascista e dalla convinzione di non essere proprio lei una delle più grandi minacce al Paese. Le scrivo per dirle che è un vigliacco, sono persone come lei che mi fan sentire meglio con me stesso, quella calda sensazione di essere migliore di qualcuno. Le auguro con tutto il cuore di vivere a lungo ed in salute, in compagnia di una persona spregevole quale lei è. Non immagino punizione più grande, visto che ha deciso di mostrare tutto sto coraggio solo nel momento in cui era sicuro che la verità giudiziaria non avrebbe più potuto raggiungerla.

venerdì 9 gennaio 2015

Matite

Ho aspettato qualche giorno, la fortuna di non esser un giornalista o un politico è che si ha la possibilità di riflettere prima di parlare senza che nessuno te lo venga a rinfacciare. Gli avvenimenti di Parigi son agghiaccianti, un assalto folle che ha risvegliato paure, indignazioni e, di conseguenza, violenza. La propensione a parlare di guerra ha la sua prevedibilità, cionondimeno è raggelante tanto quanto gli spari dentro e fuori la redazione di Charlie Hebdo. In un clima simile, mi son limitato ad osservare, ad osservarci, e proverei ora a dar qualche spunto di riflessione. Tralascio ogni commento su leader di partito da singola cifra o anche meno, perchè è ovvio che finiranno a cavalcare le onde di sangue e parlarne darà loro solo la tavola da surf. E Charlie don't surf.

I primi che saltano all'occhio sono quelli che invocano la pena di morte (alcuni, guarda l'ironia, parlano di decapitazione pubblica, credo che l'Isis stia raccogliendo i curriculum), tra essi anche persone non comuni, che dovrebbero quindi prestare molta più attenzione a quello che dicono, come Marie Le Pen. Altri, più moderati, si son limitati a crogiolarsi nella fantasia di poter torturare i folli autori di questo massacro, ad esempio strappando la pelle dalle loro carni, spargendoci sale e lasciare che gli avvoltoi facessero il resto. Son contento che esista facebook, perché tutte queste cose posso leggerle insieme al vostro nome, sapendo bene dove abitate, vedendo le vostre foto con cuccioli di beagle che un giorno probabilmente sodomizzerete dopo aver aperto la testa al nipote della vostra compagna accanto a voi ed averci cagato dentro. Sono contento di poterli identificare con quasi certezza, così so di dover cambiare strada se li incrocio e so di non dover mai e poi mai prendere un aereo con loro. A queste persone manca solo un fucile per aprire il fuoco sui vignettisti di domani.

Poi ci son i #JeSuisCharlie, curiosamente alcuni sono Charlie E si sanno inventare modi creativi per far soffrire i terroristi una volta catturati. Che poi, ripensandoci, pensate veramente che la minaccia della morte o della sofferenza possa essere un qualche deterrente per folli assassini? Comunque, torno al popolo degli hashtag. Lo so, si dice per solidarietà, siamo Berlinesi, siamo Newyorkesi, siamo Norvegesi, siamo Londinesi, siamo Giapponesi e ora siamo Charlie (ma non lo dite troppo ad alta voce agli americani). Ma, contrariamente agli altri casi e alle altre tragedie, questo essere Charlie è meno appropriato.

Non siete Charlie, nessuno di voi lo è e smettete di offenderli. Non siete per la libera irriverenza verso qualunque cosa, soprattutto la religione e soprattutto in Italia. Molti di voi han impiegato un considerevole numero di ore di veglia per dedicarsi al sistematico, a suo modo violento, attacco verso quel tipo di satira. E se non vi siete ancora riconosciuti, basta sostituire Dio con Pino Daniele. Voi, come chi scrive, in buona approssimazione non sapete un cazzo di quel giornale e non ne condividete la propensione al disrispetto. È rivoltante vedere persone che sono state, o che saranno di nuovo, tanto violente nel difendere cose inutili per loro e per l'uomo invisibile che venerano, come il crocifissio in un'aula scolastica, cucirsi addosso la veste del vignettista caduto per onorare il ruolo del satiro e cullarsi nell'autocompiacimento per la propria mai dimostrata sensibilità. È vero, preferisco questo tipo di violenza alle pallottole perché tra il vostro fondamentalismo e il vignettista crivellato non c'è solo un fucile, vi serve anche lo squilibrato. Tuttavia, prima o poi, lo squilibrato arriva e uccide 77 ragazzi in Norvegia.

Arrivo così all'ultima riflessione: la sfiga del mondo è stata che gli attentatori erano musulmani. Un'immagine che si è incastonata così bene nel mosaico che abbiamo contribuito a costruire che ci ha impedito di guardare a noi stessi, che ci ha spinto un pochino di più verso l'intolleranza, verso il livello degli attentatori. Perché il problema è la religione per come viene vissuta. Io, l'avrete capito, non sono religioso, non ho quel bisogno di rivolgermi a qualcosa di onnipotente e dentro di me non capisco come nessuno si sia ancora accorto che nessuna preghiera sia mai stata ascoltata. Tuttavia non ho nessun pensiero se qualcuno vuole esprimere tale bisogno. Inizio a diventare ostile se quel bisogno inizia a diventare legge e intolleranza. La religione deve essere un fatto privato, altrimenti la difesa della stessa diventa solo una diversa sfumatura di fondamentalismo, diventa una diversa sfumatura della stessa violenza. Il mosaico che fissiamo mentre intorno a noi sgozziamo i bebé, ci farà parlare di cose pittoresche come il crocifisso, il presepe e tutte quelle cose insignificanti se rapportate all'essere onnipotente che credete di difendere. Non ci farà parlare, per esempio, delle coppie omosessuali che vorrebbero non doversi andare a cercare i diritti altrove, non ci fan parlare dell'adolescente gay che viene picchiato dai buoni cristiani della sua classe e che passa il tempo a sentirsi dire che Dio, in cui magari crede, lo manderà all'inferno per il suo amore e questo lo porta al suicidio. Sono solo due esempi di diverse sfumarure della stessa violenza che crivella i vignettisti. Una violenza perpetrata senza bisogno di essere pazzi e senza venir mai identificata come tale. E questo, vaffanculo, fa più paura di tutto.

Se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l' avete già tradito