mercoledì 15 aprile 2015

Lettera aperta a Fabio Tortosa

Caro Tortosa,
quella notte non ero alla Diaz, non ci siamo mai incontrati e, francamente, spero la cosa non cambi mai. Ha avuto ragione su molte cose, ci sono in effetti due verità, una processuale e quel che è successo. Riesco perfino a comprendere il suo "lo rifarei 1000 volte", sapendo che l'ha già fatto 1000 volte.
Lei nella vita esegue ordini, lo fa per gli ammirevoli motivi che ha elencato, li stessi di chiunque faccia un qualunque lavoro. I suoi ordini, quella sera, erano di mandare un messaggio. I suoi ordini erano di colpire un movimento ormai finito con violenza fisica e psicologica, voi quella sera eravate lì per terrorizzare.

Ci siete riusciti, protetti dall'impossibilità di venire identificati, in un gruppo senza volto che fa del cameratismo omertoso il suo baluardo ogni volta che, tra le varie rapine in casa di cui vi occupate, decidete di esprimere quel lurido fascismo che vi portate dentro. È vero, non tutti i poliziotti sono fascisti, solo quelli che si notano. Se ci pensa è anche normale, tra la puzza e tutto quell'ostentato machismo, tra le teste rotte e le sospensioni occasionali ed arbitrarie dei diritti democratici, è facile capire come il poliziotto fascista venga notato più di un poliziotto qualunque. Ma l'omertà è totale, resta da capire se siete solo voi, luridi fascisti, a coprire le voci della gente per bene con il vostro baccano o se questa gente per bene, più semplicemente, stia solo rimanendo zitta. Spero tanto nella prima, perché una persona per bene non sta zitta davanti all'ingiustizia.

Non le scrivo per essere a mia volta un fascista della rete, ne sto vedendo fin troppi sui siti di informazione. Loro, come voi, sfogano la frustrazione di una vita meschina con la violenza, in questo caso verbale. Le scrivo per dirle che immagino quanto lei ed i suoi amichetti vi siate sentiti degli eroi. Avete espugnato una scuola, piena di pericolose persone intente a dormire in maniera minacciosa, li avete massacrati nel sonno, inseguiti nei corridoi, resi inermi, picchiati, protetti dalla catena di comando criminale che vi ha ordinato di farlo. Avete fatto loro dimenticare di poter esser protetti dai loro diritti, li avete ridotti male, molto male. Quelli che si reggevano in piedi li avete torturati nel vostro carcere, privati del sonno e dei più fondamentali diritti, avete fatto loro dimenticare che esiste una società e che quella società esiste per proteggerli. Ah, quanto vi sarete sentiti eroici, potenti.

E immagino che pure ora, con quelle sue frasi da vero uomo che non mostrano nemmeno l'ombra di pentimento per essere un bestia rabbiosa, si stia sentendo un vero duro. Le riconosco la furbizia di aver aspettato la fine del processo per dire al mondo che l'eroe è lei, non c'è momento migliore per essere dei veri duri di quando la cosa peggiore che le potrebbe mai capitare è di ricevere uno scappellotto da uno che si chiama Angelino Alfano.

Lei è un criminale, uno sgherro sottopagato di nemici della democrazia, la sua vita fa schifo perché in quella scuola ci è entrato, non si è risparmiato, ci sarà già entrato 1000 volte da allora e 1000 altre ci rientrerà. Protetto dal suo branco di sgherri senza volto, dal suo sindacato fascista e dalla convinzione di non essere proprio lei una delle più grandi minacce al Paese. Le scrivo per dirle che è un vigliacco, sono persone come lei che mi fan sentire meglio con me stesso, quella calda sensazione di essere migliore di qualcuno. Le auguro con tutto il cuore di vivere a lungo ed in salute, in compagnia di una persona spregevole quale lei è. Non immagino punizione più grande, visto che ha deciso di mostrare tutto sto coraggio solo nel momento in cui era sicuro che la verità giudiziaria non avrebbe più potuto raggiungerla.