martedì 18 febbraio 2014

Rapido

Avrei voluto saper scrivere poesie, invece vado solo a capo ogni tanto.
Il sole violento
dal finestrino
entra contento
che le foto così non le posso fare
questo è il più grande tormento.

Saper scrivere poesie è quella cosa che ti semplifica la vita. Oddio, si vive anche senza, ma francamente darebbe tutto un altro tono al mio guardarmi nelle palle degli occhi col tramonto sopra la Svizzera.

Altro viaggio che va a tramontare, altro abbraccio che urla non partire, vieni con me, altre lacrime sorridenti come nervose, sguardi abbassati dalla vergogna, dalla disumanità, dalla rabbia.

Hai visto come con un rapido volo si possa tornare tra governi cambiati senza spiegazioni, treni lenti, spazzatura e cene sostanziose. Basta un rapido volo per fermare il tremolio, per mettere ordine, affrontare una vita lontana solo geograficamente. Basterebbero le giuste telefonate, ma anche quel rapido, indolore, volo per prendere la vita a calci nelle palle.

Basterà.
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve.



Gatto.

venerdì 7 febbraio 2014

Moonlight drive

Let's swim to the moon

Alberi ordinati intorno a me, malti sudati come solo un sette febbraio può regalarti. Avrei dovuto portare la giacca.

Penetrate the evenin' that the city sleeps to hide

Mi addentro, conscio di non saper ritrovare la strada. Non c'è mai stata una strada. Mi posso raccontare di avere una destinazione, quella di partenza per altro, ma non ci sono cammini, ci sono buche, sassi acuminati, umidità e mille animali invisibili intorno a me.

Let's swim out tonight, love

Il bosco può farti sentire piccolo piccolo, dalla facilità con cui l'hai raggiunto non l'avresti detto, dopo quel lago poi.

It's our turn to try 

 
Mi circondo di predatori intimoriti. Fingono insicurezze, abbindolano la preda- La preda sono io.

Parked beside the ocean

Sfilo le cuffie, tengo il sottofondo alla nuova sinfonia. Sinfonia svuotata di qualcosa, per colpa della mia presenza, parti dell'insieme che non si mostrano, timorose, per il mio respiro, i miei passi spaesati. L'alba è sempre vicina e io sarò sempre qui, aspettando un predatore adatto.

On our moonlight drive.


giovedì 6 febbraio 2014

And I ride, and I ride

Buttiamo pesanti bracciate, implorando il fresco dell'aria, boccheggiando nel nostro lago di fuoco, in balia di correnti interne che proviamo a capire. Alle volte si arriva financo a non provare più dolore a scavare, consumandosi le carni per arrivare dall'altra parte, facendosi evaporare sudore e lacrime dalle guance nell'ennesimo vano tentativo di non inalare sulfurea rovente aria.

La traversata nel fuoco, la prova di coraggio verso se stessi, sulla spinta di un fuoco più violento che custodiamo dentro. Un fuoco che ci spinge sulle tastiere della vita, incoscienti e solitari, come impreparati ad ogni cosa ben prevista. In buona sostanza non si sta che ricercando come andare a finire.

Affondiamo le nostre braccia, in smorfie di dolore che a tratti si fan sorrisi nel vedere la riva avvicinarsi. Il bosco, ignifugo, circonda il lago e rimane rassicurante, quasi a sbeffeggiarci quando il nostro stile si fa più affannoso. Lui ed il suo brulicare di vitalità, il suo muschio, l'umido abbraccio della freschezza.

Arriveremo in un altrove per renderlo qui, per rendere ogni altro altrove un lontano puntino nel lago, una bolla di lava esplosa che ci ha bruciato i capelli, nulla più. Danzeremo nella fresca notte per curare le ustioni, facendo scivolare i muri sotto le nostre ombre.

Basta continuare a spingere con mani e braccia. Staremo bene da farci schifo.

mercoledì 5 febbraio 2014

Bianco

Una stanza vuota, il tavolo nascosto sotto le carte, i muri bianchi ed immacolati, una sedia buttata per caso, un cavalletto, macchie sul pavimento consumato. Il sole entrava prepotente dalle ampie finestre, si diffondeva repentino in ogni angolo, fin quasi ad appiattire la scena. La profondità doveva venire da dentro. Dipingeva nutrendosi d'aria, di storie impresse in attimi rubati dalla vita, di antidolorifici disciolti in bicchieri di latte, perché la bellezza, in ogni forma, immaginata o scolpita con la grafite e il pelo di bue, avrebbe sempre richiesto il suo tributo. Il passato veniva accumulato in angusti sgabuzzini ormai pieni di polvere e minuscole forme di vita che avidamente ne erodevano i contorni. Si lasciava riempire dalla luce fin dalle prime ore, ne osservava e descriveva i giochi, cercando di carpirne i segreti, cercando di capire la notte.

Osservava il bianco uniforme della propria vita con la felicità di chi ha uno sgabuzzino pieno d'acari, si immergeva nella vita come corpo estraneo, spiando, assorbendo i colori altrui, talvolta financo inquinandone l'invecchiamento. Tornava nella sua bolla di luce a vomitare dalle dita ogni fermo immagine, a curare le ferite col suo latte speciale, a stipare il suo sgabuzzino fino al limite estremo.

Ogni storia ha bisogno di un motore, ogni tela di una spinta dopo i sedativi. A lui non mancava, al punto che la grande casa di vuoto ormai aveva solo quella stanza, ogni giorno senza sosta, inalando i colorati respiri della vita spiata faceva. Una rivalità, quello era il motore, una frustrazione verso chi avrebbe sempre mosso le mani sul bianco meglio di lui, verso chi non riempiva solo stanze, verso chi non creava solo sgabuzzini, verso chi non consumava la luce con gli occhi, verso chi non meritava quella luce.

Sorso.

Tutto si offuscava, avrebbe smesso di sporcare la luce inalata, avrebbe creato quel candore, l'ultimo, che lo circondava dentro di sé.

Un pennello affilato, un pennello speciale, il pennello del riscatto, copiose macchie comparivano sotto l'impeto del suo lavoro, movimenti decisi, ad imprimere la propria libertà di essere più di chiunque, più di ogni cosa, per un'ora come per tutta la vita. Delineava contorni, sfumava luci riflesse e fatte ormai proprie.

Ecco. Raggiunta quella bellezza, quella di cui per anni ha abbozzato maldestre prove ora accatastate in ogni luogo. Gli ultimi ritocchi si fanno con un sorriso. Il gran finale di un crescendo. Alla faccia di quel bastardo.

Sorso. Intorpidimento. Troppe aggiunte a questo latte. Ma che colori caldi questo tramonto!

I paramedici chiamati dai vicini allarmati dal cattivo odore dovettero chiamare i pompieri per aprirsi un varco tra le cataste di tele e blocchi intonsi, non sapevano nemmeno dire se ci fossero dei mobili. Lo trovarono seduto verso la finestra con l'ennesima tela bianca sul cavalletto, il viso consumato in una smorfia sorridente. Una rossa pozza secca tutto intorno a lui, adagiato sulla sedia nudo, il sole riempiva uniforme e violento ogni angolo, nessuno notò con quanta cura si era premurato che ogni schizzo sul proprio corpo fosse esattamente dove doveva essere. Di quanto armoniosa fosse la posizione del bisturi sul pavimento. Nessuno lo notò, distratti dal bianco impolverato tutto intorno a loro.

Nessuno.