giovedì 6 febbraio 2014

And I ride, and I ride

Buttiamo pesanti bracciate, implorando il fresco dell'aria, boccheggiando nel nostro lago di fuoco, in balia di correnti interne che proviamo a capire. Alle volte si arriva financo a non provare più dolore a scavare, consumandosi le carni per arrivare dall'altra parte, facendosi evaporare sudore e lacrime dalle guance nell'ennesimo vano tentativo di non inalare sulfurea rovente aria.

La traversata nel fuoco, la prova di coraggio verso se stessi, sulla spinta di un fuoco più violento che custodiamo dentro. Un fuoco che ci spinge sulle tastiere della vita, incoscienti e solitari, come impreparati ad ogni cosa ben prevista. In buona sostanza non si sta che ricercando come andare a finire.

Affondiamo le nostre braccia, in smorfie di dolore che a tratti si fan sorrisi nel vedere la riva avvicinarsi. Il bosco, ignifugo, circonda il lago e rimane rassicurante, quasi a sbeffeggiarci quando il nostro stile si fa più affannoso. Lui ed il suo brulicare di vitalità, il suo muschio, l'umido abbraccio della freschezza.

Arriveremo in un altrove per renderlo qui, per rendere ogni altro altrove un lontano puntino nel lago, una bolla di lava esplosa che ci ha bruciato i capelli, nulla più. Danzeremo nella fresca notte per curare le ustioni, facendo scivolare i muri sotto le nostre ombre.

Basta continuare a spingere con mani e braccia. Staremo bene da farci schifo.

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