In questa serata in cui protesto perché uscire il sabato sera è troppo mainstream, mica come passare la notte facendo conti buffi, ho deciso di prendermi una pausa dalle sudate carte e parlare dell'evento internettiano dell'ultimo periodo: Kony 2012.
Il video credo oramai l'abbiam visto un po' tutti quindi non sto qui a raccontarvelo e son troppo pigro per linkarvelo. Sono state avanzate validissime obiezioni dalla stampa di mezzo mondo (se ne son persino accorte le Iene ieri) e dai numerosi videoblogger che han ribattuto colpo su colpo le tesi dell'autore del video (nella mia top ten delle persone preferite del mese per essersi fatto arrestare nudo e ubriaco dopo aver distrutto due auto in pieno giorno). Ma non è di questo, né tantomeno delle onnipresenti (ma sempre con qualche fondamento) tesi sul colonialismo americano, che voglio parlavi: gente che ha studiato meglio lo ha fatto benissimo al posto mio.
Invece voglio parlarvi di quanto gigantesco sia stato l'impatto virale di questo video. I milioni di visitatori crescevano ogni ora, il numero di video identici ma sottotitolati in varie lingue è in costante aumento dalla seconda settimana di esistenza di questo video di, udite udite, 30 minuti! Senza contare tutte le emittenti televisive che han riproposto ogni singolo fotogramma di questa storia e senza contare il fatto che la visualizzazione su facebook non aumenta il contatore di youtube (per lo meno non secondo i miei esperimenti). La cosa, a mio avviso, può essere letta come una bella speranza per questo pianeta. Non è il video di un gattino ubriaco che piscia su un bambino che ride ad aver fatto il giro del mondo, è un video che, per lo meno al primo sguardo e al netto delle obiezioni sopra citate, ha un messaggio sociale ed umanitario, di impegno civile. Ed è un video di 30 minuti, che richiede tu smetta di vivere la corsa della tua giornata per guardare un filmato il cui messaggio attende un buon numero di scene per palesarsi. Il tutto in una società in cui chi guarda un porno di 5 minuti salta le scene che oramai ha capito come vanno a finire. Lo faccio pure io, spero sempre che dopo i fazzoletti alla fine si sposino facendo trionfare l'amore, che è il vero messaggio di ogni video porno.
Certo, il video è fatto benissimo e il messaggio comunicativo è penetrante.
Tuttavia le scene di pompini le salti dopo un po'.
Ma torniamo a Kony 2012. Oltre a mostrare un uso della timeline di facebook che tu, comune mortale, mai potrai avere, da questo messaggio di impegno civile e umanitario in un costante bombardamento emotivo tale che, finiti i 30 minuti, non riesci a non parlarne con qualcuno, ti ha colpito, nel profondo, con la gioia e la sofferenza. E così si diffonde, sfruttando la bontà che hai dentro e che, ammettiamolo, vuoi un po' ostentare perché fa figo anche quella nel momento giusto. Oppure ti colpisce al punto da trovare cosa c'è dietro, altra cosa essenziale per la libertà e la democrazia del pianeta tutto. Dunque guardavo alla diffusione rapidissima di questo messaggio di grande umanità con un sorriso commosso, che, anche se il messaggio nascosto fosse di puro marketing, l'utente medio, che lo guarda e lo diffonde, lo fa perché promuove una causa giusta.
Un bel momento, ma fortunatamente è passato in fretta. Perché è stato anche subito chiaro che il diffondere il video fosse più che sufficiente per quasi chiunque vi ci sia imbattuto. Quasi nessuno si è messo, di fronte a notizie di così clamorosa crudeltà, a informarsi di più, quasi nessuno ha pensato di organizzarsi per raggiungere chi il pc non lo usa. E da qui usciamo dal solo contesto di Kony 2012. È la buona azione part time. È l'impegno civile solo nel proprio cortile e solo se non mi fa rinunciare a null'altro per compierlo. È il lavaggio periodico della coscienza, ma comunque solo per proprio interesse. È il non lottare mai e anzi vivere con fastidio la lotta altrui solo perché non ci riguarda direttamente. È il mettersi a tenere insieme il tessuto sociale di questa società per i motivi più sbagliati: quelli non dichiarati. Sono tutte queste cose che fanno male all'impegno civile, un sapone consumato da tutte queste bolle.
È un momento storico in cui dovrebbe arrivare a grandi passi una illuminata coesione delle varie parti della società per combattere l'ingiustizia, una qualunque, che sia nel mio giardino o in quello del vicino o in quello dell'amico del vicino che vota il partito sbagliato e che mi sta pure un po' sul cazzo ma che ha comunque una dannatissima ragione. Invece no, una carneficina, ognuno fa come gli pare, che palle i camionisti, che palle i pescatori, che palle i manifestanti.
Guarda, sanno solo tirare sassi.
Come? Dicevano qualcosa prima e non li ascoltavo?
Beh che importa, tirano i sassi ora.
Se c'è solidarietà o condivisione è sempre part time, per carità, mi faccio i cazzi miei anche io e capisco il valore di sapersi fare i cazzi propri, ma sono cazzi poi così importanti sempre? Così indispensabili e irripetibili? Che sia studiare o uscire con gli amici o dormire una manciata di ore in più: siamo sicuri che non si possa, qualche volta in più, rimandare un simile impegno per far qualcosa anche per gli altri. Giusto per ricevere indietro un sorriso, ma anche per non riceverlo.
E se iniziassimo, come esercizio, al posto di dire "non posso" quando una di queste occasioni di fare del bene si presenta, a usare il verbo giusto, "non voglio", non avremmo bisogno del lavaggio periodico di coscienza un po' meno spesso? O anche solo ad intraprendere una qualunque attività con l'onestà di ammettere le nostre vere motivazioni egoistiche, non ci guadagneremmo in serenità e sorrisi? Non risparmieremmo in aggressività?
Oppure, visto che è nelle piccole cose che si può migliorare il nostro impatto sul mondo, perché non cominciamo con l'eliminare una piccola cosa superflua? E poi perché non iniziamo a toglierne un'altra e un'altra ancora?
Infine, perché quando vediamo una manifestazione non andiamo a sentire cosa dice chi è lì, al freddo o al caldo, a urlare le proprie idee? Anche solo per dirgli che è un pirla, ma almeno lo si dirà a ragion veduta e non perché ve lo dice qualcuno.
Oh beh, è venuto un predicozzo, ma son convinto che la parte sui pompini vi sia piaciuta. Torno a farmi i cazzi miei. Questo è certamente il pulpito sbagliato.
Il video credo oramai l'abbiam visto un po' tutti quindi non sto qui a raccontarvelo e son troppo pigro per linkarvelo. Sono state avanzate validissime obiezioni dalla stampa di mezzo mondo (se ne son persino accorte le Iene ieri) e dai numerosi videoblogger che han ribattuto colpo su colpo le tesi dell'autore del video (nella mia top ten delle persone preferite del mese per essersi fatto arrestare nudo e ubriaco dopo aver distrutto due auto in pieno giorno). Ma non è di questo, né tantomeno delle onnipresenti (ma sempre con qualche fondamento) tesi sul colonialismo americano, che voglio parlavi: gente che ha studiato meglio lo ha fatto benissimo al posto mio.
Invece voglio parlarvi di quanto gigantesco sia stato l'impatto virale di questo video. I milioni di visitatori crescevano ogni ora, il numero di video identici ma sottotitolati in varie lingue è in costante aumento dalla seconda settimana di esistenza di questo video di, udite udite, 30 minuti! Senza contare tutte le emittenti televisive che han riproposto ogni singolo fotogramma di questa storia e senza contare il fatto che la visualizzazione su facebook non aumenta il contatore di youtube (per lo meno non secondo i miei esperimenti). La cosa, a mio avviso, può essere letta come una bella speranza per questo pianeta. Non è il video di un gattino ubriaco che piscia su un bambino che ride ad aver fatto il giro del mondo, è un video che, per lo meno al primo sguardo e al netto delle obiezioni sopra citate, ha un messaggio sociale ed umanitario, di impegno civile. Ed è un video di 30 minuti, che richiede tu smetta di vivere la corsa della tua giornata per guardare un filmato il cui messaggio attende un buon numero di scene per palesarsi. Il tutto in una società in cui chi guarda un porno di 5 minuti salta le scene che oramai ha capito come vanno a finire. Lo faccio pure io, spero sempre che dopo i fazzoletti alla fine si sposino facendo trionfare l'amore, che è il vero messaggio di ogni video porno.
Certo, il video è fatto benissimo e il messaggio comunicativo è penetrante.
Tuttavia le scene di pompini le salti dopo un po'.
Ma torniamo a Kony 2012. Oltre a mostrare un uso della timeline di facebook che tu, comune mortale, mai potrai avere, da questo messaggio di impegno civile e umanitario in un costante bombardamento emotivo tale che, finiti i 30 minuti, non riesci a non parlarne con qualcuno, ti ha colpito, nel profondo, con la gioia e la sofferenza. E così si diffonde, sfruttando la bontà che hai dentro e che, ammettiamolo, vuoi un po' ostentare perché fa figo anche quella nel momento giusto. Oppure ti colpisce al punto da trovare cosa c'è dietro, altra cosa essenziale per la libertà e la democrazia del pianeta tutto. Dunque guardavo alla diffusione rapidissima di questo messaggio di grande umanità con un sorriso commosso, che, anche se il messaggio nascosto fosse di puro marketing, l'utente medio, che lo guarda e lo diffonde, lo fa perché promuove una causa giusta.
Un bel momento, ma fortunatamente è passato in fretta. Perché è stato anche subito chiaro che il diffondere il video fosse più che sufficiente per quasi chiunque vi ci sia imbattuto. Quasi nessuno si è messo, di fronte a notizie di così clamorosa crudeltà, a informarsi di più, quasi nessuno ha pensato di organizzarsi per raggiungere chi il pc non lo usa. E da qui usciamo dal solo contesto di Kony 2012. È la buona azione part time. È l'impegno civile solo nel proprio cortile e solo se non mi fa rinunciare a null'altro per compierlo. È il lavaggio periodico della coscienza, ma comunque solo per proprio interesse. È il non lottare mai e anzi vivere con fastidio la lotta altrui solo perché non ci riguarda direttamente. È il mettersi a tenere insieme il tessuto sociale di questa società per i motivi più sbagliati: quelli non dichiarati. Sono tutte queste cose che fanno male all'impegno civile, un sapone consumato da tutte queste bolle.
È un momento storico in cui dovrebbe arrivare a grandi passi una illuminata coesione delle varie parti della società per combattere l'ingiustizia, una qualunque, che sia nel mio giardino o in quello del vicino o in quello dell'amico del vicino che vota il partito sbagliato e che mi sta pure un po' sul cazzo ma che ha comunque una dannatissima ragione. Invece no, una carneficina, ognuno fa come gli pare, che palle i camionisti, che palle i pescatori, che palle i manifestanti.
Guarda, sanno solo tirare sassi.
Come? Dicevano qualcosa prima e non li ascoltavo?
Beh che importa, tirano i sassi ora.
Se c'è solidarietà o condivisione è sempre part time, per carità, mi faccio i cazzi miei anche io e capisco il valore di sapersi fare i cazzi propri, ma sono cazzi poi così importanti sempre? Così indispensabili e irripetibili? Che sia studiare o uscire con gli amici o dormire una manciata di ore in più: siamo sicuri che non si possa, qualche volta in più, rimandare un simile impegno per far qualcosa anche per gli altri. Giusto per ricevere indietro un sorriso, ma anche per non riceverlo.
E se iniziassimo, come esercizio, al posto di dire "non posso" quando una di queste occasioni di fare del bene si presenta, a usare il verbo giusto, "non voglio", non avremmo bisogno del lavaggio periodico di coscienza un po' meno spesso? O anche solo ad intraprendere una qualunque attività con l'onestà di ammettere le nostre vere motivazioni egoistiche, non ci guadagneremmo in serenità e sorrisi? Non risparmieremmo in aggressività?
Oppure, visto che è nelle piccole cose che si può migliorare il nostro impatto sul mondo, perché non cominciamo con l'eliminare una piccola cosa superflua? E poi perché non iniziamo a toglierne un'altra e un'altra ancora?
Infine, perché quando vediamo una manifestazione non andiamo a sentire cosa dice chi è lì, al freddo o al caldo, a urlare le proprie idee? Anche solo per dirgli che è un pirla, ma almeno lo si dirà a ragion veduta e non perché ve lo dice qualcuno.
Oh beh, è venuto un predicozzo, ma son convinto che la parte sui pompini vi sia piaciuta. Torno a farmi i cazzi miei. Questo è certamente il pulpito sbagliato.
"Poi un giorno vennero a prendere me: non era rimasto nessuno ad alzare la voce per difendermi"