Sono notizie degli ultimi dieci giorni, quelle riguardanti gli episodi di intimidazione e sabotaggio nei confronti delle cooperative e dei coordinamenti di Libera del centro e sud di questo italico stivale. Responsabili regionali minacciati e beni confiscati dati alle fiamme. Una mafia che alza il tiro in un contesto in cui l'italico stivale tutto si dedica ai giochi "trova il frocio in azzurro" e "scegli il biscotto migliore spagnolo-croato". Una mafia che, come sua viscida natura vuole, alza il tiro nell'ombra, nel silenzio, nell'indifferenza generale.
Cosa sentii dentro di me calpestando un po' di quella terra confiscata e restituita alla collettività, già ne scrissi e, anche se mi fa del gran piacere, non ne parlerò nuovamente. Ho cercato per giorni di immaginare cosa possono aver provato, questi valorosi lavoratori delle cooperative di Libera, nel trovare il loro lavoro di anni ridotto in cenere. Con coraggio hanno affrontato un ambiente ostile, si sono dedicati col loro sacrificio per rimettere in sesto un luogo di violenza (di violenza in quanto appartenuto a persone che usavano il possesso per ostentare il potere ed il potere per compiere violenza). Un luogo spesso distrutto nel momento in cui veniva notificata la confisca, perché il mafioso di turno doveva rendere chiaro che quella è cosa sua e nessuno poteva usarla. Un luogo distrutto che stava anche per decenni in stato di abbandono, imprigionato da burocrazia, ipoteche bancarie accese pochi giorni prima della confisca (sono circa metà i beni in questa condizione), piani di lottizzazione approvati da qualche parente o amico dell'amico nel consiglio comunale colluso, minacce più o meno velate verso chi dimostrava di voler metterci impegno. Hanno fatto sacrifici, per rimetterlo in sesto, ricostruire strutture, trovare mezzi, creare lavoro onesto in zone in cui il lavoro onesto non si trova, fino a produrre qualcosa, un vino, un olio, che finisse sulle nostre tavole a urlarci in faccia che cambiare si può, che sfidarli deve essere naturale e che ne esce del buono per sfidarli.
Hanno aspettato che il lavoro fosse completato, per bruciargli davanti agli occhi quanto siano stati inutili i loro sacrifici, per fargli il danno economico maggiore, per ricordarci, come se ce ne fosse bisogno, quanto sanno essere infami. A lasciare solo cenere e fumo nell'aria, come se non bastasse il fumo che esce dalla merda nei loro cuori ad infestare l'aria di tutti, quell'aria che vogliono che sia loro, quell'aria che loro ti concedono di respirare. E l'hanno fatto prima dell'estate, a rovinare il raccolto appena in tempo, a spaventare le migliaia di ragazzi che da tutta Italia si stanno organizzando per andare a fare del volontariato, come ogni anno, su questi beni, per esserne parte per qualche giorno.
La rabbia per un gesto infame, però, non è niente in confronto a quella che provo nel vedere l'indifferenza, la stupidità del girare la testa dall'altra parte. Perché siamo tutti bravi a celebrare gli anniversari tondi di qualche omicidio illustre, tutti incazzatissimi se usano il tritolo per cancellare qualche eroe dalla faccia della terra, tutti nelle piazze se (almeno da quanto sembrava in quelle ore) uccidono una ragazzina che va scuola, insomma, tutti in prima linea nella massa che reagisce, giustamente, ad un atto eclatante. Tutti ad applaudire magari a qualche incontro che Libera ti organizza sotto casa, quanto alla partecipazione attiva, beh, se ne parla un'altra volta, quanto al sostegno vero si vedrà. E siamo silenti, in alcuni casi financo complici, nel rapportarsi a quello che la mafia fa tutti i giorni, quello che la rende potente, il controllo capillare di alcuni territori, il traffico di droga, le violenze verso i deboli, il sabotaggio del mercato. Tutto quello che le da la sicurezza di poter fare quello che vogliono se c'è da alzare il tiro, le risorse per continuare nel momento in cui incorrono in errori. Il nostro silenzio emerge nel momento in cui, ad esempio, qualche magistrato scoperchia uno dei loro loschi traffici, traffici che magari son nel nostro paesello e dunque ci troviamo a dire Beh si, era evidente che erano mafiosi o Si sa che comandano loro. Se lo sapevi, allora, perché non hai fatto niente? Perché hai continuato ad andare in quel bar anche se sai benissimo che spacciano cocaina? Questa è l'indifferenza complice, questa è la mafia dentro ognuno di noi e questo è, per ora, il motivo per cui la mafia vincerà sempre. Si, moralizzo, perché alle volte basterebbe proprio poco per esser uomini e non solo persone. E quel poco non lo si fa, per pigrizia o avarizia, nemmeno per paura, ma per pigrizia o avarizia (o, una minoranza, per malafede).
Ho detto per ora, perché le cose stanno cambiando, a colpi di bottiglie di vino, uliveti, arance, sudore della fronte e rispetto delle regole. Sacrifici di sempre più persone che oggi continuano, ricominciano, ricostruiscono, perché quella è la loro vita: combattono la mafia sul loro territorio facendo quello che dovrebbe essere naturale, rimanendo liberi. Con la naturalezza si vincerà, alla fine, e la naturalezza non si brucia.
Cosa sentii dentro di me calpestando un po' di quella terra confiscata e restituita alla collettività, già ne scrissi e, anche se mi fa del gran piacere, non ne parlerò nuovamente. Ho cercato per giorni di immaginare cosa possono aver provato, questi valorosi lavoratori delle cooperative di Libera, nel trovare il loro lavoro di anni ridotto in cenere. Con coraggio hanno affrontato un ambiente ostile, si sono dedicati col loro sacrificio per rimettere in sesto un luogo di violenza (di violenza in quanto appartenuto a persone che usavano il possesso per ostentare il potere ed il potere per compiere violenza). Un luogo spesso distrutto nel momento in cui veniva notificata la confisca, perché il mafioso di turno doveva rendere chiaro che quella è cosa sua e nessuno poteva usarla. Un luogo distrutto che stava anche per decenni in stato di abbandono, imprigionato da burocrazia, ipoteche bancarie accese pochi giorni prima della confisca (sono circa metà i beni in questa condizione), piani di lottizzazione approvati da qualche parente o amico dell'amico nel consiglio comunale colluso, minacce più o meno velate verso chi dimostrava di voler metterci impegno. Hanno fatto sacrifici, per rimetterlo in sesto, ricostruire strutture, trovare mezzi, creare lavoro onesto in zone in cui il lavoro onesto non si trova, fino a produrre qualcosa, un vino, un olio, che finisse sulle nostre tavole a urlarci in faccia che cambiare si può, che sfidarli deve essere naturale e che ne esce del buono per sfidarli.
Hanno aspettato che il lavoro fosse completato, per bruciargli davanti agli occhi quanto siano stati inutili i loro sacrifici, per fargli il danno economico maggiore, per ricordarci, come se ce ne fosse bisogno, quanto sanno essere infami. A lasciare solo cenere e fumo nell'aria, come se non bastasse il fumo che esce dalla merda nei loro cuori ad infestare l'aria di tutti, quell'aria che vogliono che sia loro, quell'aria che loro ti concedono di respirare. E l'hanno fatto prima dell'estate, a rovinare il raccolto appena in tempo, a spaventare le migliaia di ragazzi che da tutta Italia si stanno organizzando per andare a fare del volontariato, come ogni anno, su questi beni, per esserne parte per qualche giorno.
La rabbia per un gesto infame, però, non è niente in confronto a quella che provo nel vedere l'indifferenza, la stupidità del girare la testa dall'altra parte. Perché siamo tutti bravi a celebrare gli anniversari tondi di qualche omicidio illustre, tutti incazzatissimi se usano il tritolo per cancellare qualche eroe dalla faccia della terra, tutti nelle piazze se (almeno da quanto sembrava in quelle ore) uccidono una ragazzina che va scuola, insomma, tutti in prima linea nella massa che reagisce, giustamente, ad un atto eclatante. Tutti ad applaudire magari a qualche incontro che Libera ti organizza sotto casa, quanto alla partecipazione attiva, beh, se ne parla un'altra volta, quanto al sostegno vero si vedrà. E siamo silenti, in alcuni casi financo complici, nel rapportarsi a quello che la mafia fa tutti i giorni, quello che la rende potente, il controllo capillare di alcuni territori, il traffico di droga, le violenze verso i deboli, il sabotaggio del mercato. Tutto quello che le da la sicurezza di poter fare quello che vogliono se c'è da alzare il tiro, le risorse per continuare nel momento in cui incorrono in errori. Il nostro silenzio emerge nel momento in cui, ad esempio, qualche magistrato scoperchia uno dei loro loschi traffici, traffici che magari son nel nostro paesello e dunque ci troviamo a dire Beh si, era evidente che erano mafiosi o Si sa che comandano loro. Se lo sapevi, allora, perché non hai fatto niente? Perché hai continuato ad andare in quel bar anche se sai benissimo che spacciano cocaina? Questa è l'indifferenza complice, questa è la mafia dentro ognuno di noi e questo è, per ora, il motivo per cui la mafia vincerà sempre. Si, moralizzo, perché alle volte basterebbe proprio poco per esser uomini e non solo persone. E quel poco non lo si fa, per pigrizia o avarizia, nemmeno per paura, ma per pigrizia o avarizia (o, una minoranza, per malafede).
Ho detto per ora, perché le cose stanno cambiando, a colpi di bottiglie di vino, uliveti, arance, sudore della fronte e rispetto delle regole. Sacrifici di sempre più persone che oggi continuano, ricominciano, ricostruiscono, perché quella è la loro vita: combattono la mafia sul loro territorio facendo quello che dovrebbe essere naturale, rimanendo liberi. Con la naturalezza si vincerà, alla fine, e la naturalezza non si brucia.