Lunedì mattina, e il colore del cielo ricorda un matrimonio celebrato controvoglia. Cammino come sempre parecchio immerso in qualche diaologo con me stesso e mentre mi compiaccio della qualità dello stesso mi accorgo che è sparita, è sparita la panchina.
Ci passavo davanti ogni giorno, due volte, e, di tanto in tanto, mi piaceva sedermici sopra per qualche minuto. Non aveva una bella vista se non si apprezza la poesia che racchiude una strada trafficata, infatti era snobbata pure dai vandali più artistici. Però, ecco, mi aveva sempre dato un gran senso di libertà e potere il mio sapermi fermare 10 minuti su una panchina, lasciando il mondo correre da solo, per un po'.
Non che abbia tempo da perdere, ma di certo quello era il tempo che perdevo più volentieri.
E ora no, la panchina me l'han tolta.
Chissà che avrei potuto farci su quella panchina, ci ho finito dei libri, scritto pensieri, fatto nulla lasciandomi avviluppare dal fumo della sigaretta, progettato viaggi.
L'ultima volta che mi ci son alzato il cielo era diventato di un azzurro uniforme che sembrava artificiale e per un secondo ho avuto l'impressione che da esso fosse stato cancellato qualcosa. Il cielo è rimasto lì, è quaggiù che sorge un problema.
Che poi ci parlai coi lavoratori lì accanto e uno sosteneva che le panchine non ci possono star così vicine alla strada, che c'era una legge che lo diceva. Non gli credo mica, ma nel dubbio meglio protestare, che male non fa. Sarà una questione di fiducia. Mah.
lunedì 13 dicembre 2010
Fighting the Law
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turbinii di parole
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