Quelle che vedete sono due foto che ho scattato nella mia vita (ok, non sono mie, ma non riesco a caricare le mie su sto dannato blog). Le ho scattate in due luoghi molto diversi, entrambe da un pulman che passava sull'autostrada e racchiudono due storie molto diverse. La prima viene da Capaci, si nota questa piccola casetta che sovrasta l'autostrada per andare all'aeroporto Falcone e Borsellino. Da questa casetta bianca il mafioso Brusca fece partire il comando per far saltare in aria l'autostrada, uccidendo. Il 23 maggio 1992, morì il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e 4 uomini della scorta. Su quella casetta ora c'è quella scritta, una scritta che viene da un popolo oppresso che lotta.
La seconda foto viene dalla Val di Susa, in Piemonte, dove un gruppo di abitanti locali si sta opponendo da anni alla costruzione dell'alta velocità, ritenuta inutile e i cui appalti lasciano non pochi dubbi sulla loro regolarità.
Due scritte forti, nella loro diversità storica, che ripercorrono da nord a sud quella che è la reazione al fenomeno mafioso.
Perché si, la mafia anche qua al nord ha smesso di infiltrarsi, ne è ormai ben radicata. E di questo si è parlato nella due giorni di incontri che Libera ha organizzato in quel di Torino, uno dei cuori industriali del nord. Due giorni per analizzare un fenomeno, quello della mafia al nord, ma anche questa illegalità diffusa che tutto pervade, in cui sono riaffiorati personaggi e fatti che è bene portarsi sempre dietro. Un grido, quello che viene dai relatori di questi incontri, che porta un messaggio di profonda emergenza, in cui il problema viene identificato, da Don Ciotti, come un problema di illegalità forte perché la politica è debole ed autoreferenziata, in cui bisogna ricordarsi che la democrazia si fonda su due doni: giustizia e dignità. Un'analisi che conduce l'assemblea a ragionare sul fatto che la vera forza delle mafie sta fuori dalle mafie, sta nell'omertà, nella delega sempre e comunque quando c'è qualcosa da fare, sul fatto che le radici del crimine sono nei vuoti sociali e nelle disuguaglianze e sul fatto che si è perso di vista il concetto che la speranza se non è di tutti, non è speranza.
E in questo il nostro nord, il nord del governo del fare, quel governo che ha combattuto la mafia più di tutti, è rimasto indietro di decenni rispetto al sud. È rimasto indietro nella mentalità, intanto che vendeva la sua anima alle mafie e alla loro garanzia di prezzi più bassi, burocrazie più snelle, tanto qualche regolina si riesce sempre ad aggirare e se si va in perdita c'è sempre una mole di denaro spaventosa proveniente dal traffico di droga (si parlava del 3% del pil italiano). Una mentalità che continua, dopo decenni di esempi lampanti del radicamento delle mafie in appalti pubblici, appalti privati, ristorazione, servizi al cittadino, grandi opere, a negare, come negli anni 70 palermitani, che la mafia esista. Qui la mafia non esiste, i cantieri bruciano per vandalismo o autocombustione, i sindacalisti vengono pestati o uccisi dalle baby gang, ma secondo me si picchiano e uccidono da soli, via Palestro a Milano non è a Milano, i commercianti non pagano il pizzo, fanno donazioni. Questo si fa, si finge che tutto vada bene, che siano pochi episodi isolati, anche se si fanno centinaia di arresti tutti insieme, passa, scivola via perché, per citare l'ex sindaco Moratti, "qua a Milano non le facciamo mica quelle cose lì". E intanto si espande, questa melma malavitosa, dall'arcipelago di paesini che ricoprono ogni centimetro di territorio, scoraggiando la concorrenza e offrendo prezzi bassi, perché non gli importa certo di andare in perdita, l'importante è reciclare i soldi che gli abbiamo dato noi, gente del nord, per la loro droga. Li paghiamo due volte. Ma no, non sono mica mafiosi. Però ecco, appena la magistratura inizia a funzionare salta fuori di tutto, ce lo ha spiegato molto bene la vice sindaco del comune di Desio, sciolto un anno fa per infiltrazioni mafiose, che in una toccante testimonianza ha riportato la sua costante attenzione verso il territorio, in cui ha imparato che se c'erano i teli verdi sulle reti dentro c'era un abuso edilizio o una discarcia abusiva di rifiuti tossici, che nessuna società sana si può permettere di continuare a costruire case (poi risultate non sicure e dunque in futuro abbattute) senza affittarle o venderle, ma lasciandole sempre vuote. A Ottobre 2011 ci sono 1392 beni confiscati nel 2011 al nord. E intanto la popolazione sta zitta, perché se un cantiere è aperto da 10 anni e non ci lavora mai nessuno il problema sono i 20 minuti di coda, non che qualcuno di poco limpido ci sta lucrando sopra.
Il tutto era contornato, a Torino dico, da un attento occhio verso il nuovo codice antimafia di Alfano, che a detta di tutti i professionisti del settore fa compiere significativi passi indietro nella lotta alla mafia. Non ho le competenze per esporvi i motivi di questa affermazione, ma vi raccomanderei di documentarvi su alcuni punti: beni confiscati, intercettazioni e prescrizione. Perché si è stufi di un governo che si vanta di essere il migliore di sempre nella lotta alla mafia, ma salva il Ministro Romano, fa condoni, scudi fiscali, non si occupa del problema della corruzione, dell'evasione fiscale, tutti canali di illegalità in cui poi fluiscono anche le acque mafiose. Un governo che con le sue leggi ha mandato chiari messaggi alla mafia, che infatti si continua ad espandere. Perché, come dice il figlio di Pio La Torre (primo firmatario della prima legge antimafia, nel 1982, in cui mafia diventa una definizione giuridica, ucciso pochi mesi prima della discussione parlamentare) "Se la politica non si occupa di mafia, va a finire che la mafia si occupa di politica".
Quindi si, la situazione, anche e soprattutto qui al nord, è tragica, perché a furia di prendere con sorrisi e simpatia una tendenza di noi italiani a scavalcare le regole ci siamo dimenticati a cosa servono le regole, che costo enorme paghiamo tutti i giorni per scavalcare queste regole. Ed è bello che Libera dia un, purtroppo, piccolo esempio di movimento civile per la legalità, per riscattare l'infamia che, non paghi di gettarcela addosso, esportiamo in tutto il mondo.
P.S. Si, ho preferito non parlare dell'emozione, molto bella e genuina, di rivedere i miei compagni di lavoro nel campo di Polistena perché se no son troppo un sentimentale del cazzo.
La seconda foto viene dalla Val di Susa, in Piemonte, dove un gruppo di abitanti locali si sta opponendo da anni alla costruzione dell'alta velocità, ritenuta inutile e i cui appalti lasciano non pochi dubbi sulla loro regolarità.
Due scritte forti, nella loro diversità storica, che ripercorrono da nord a sud quella che è la reazione al fenomeno mafioso.
Perché si, la mafia anche qua al nord ha smesso di infiltrarsi, ne è ormai ben radicata. E di questo si è parlato nella due giorni di incontri che Libera ha organizzato in quel di Torino, uno dei cuori industriali del nord. Due giorni per analizzare un fenomeno, quello della mafia al nord, ma anche questa illegalità diffusa che tutto pervade, in cui sono riaffiorati personaggi e fatti che è bene portarsi sempre dietro. Un grido, quello che viene dai relatori di questi incontri, che porta un messaggio di profonda emergenza, in cui il problema viene identificato, da Don Ciotti, come un problema di illegalità forte perché la politica è debole ed autoreferenziata, in cui bisogna ricordarsi che la democrazia si fonda su due doni: giustizia e dignità. Un'analisi che conduce l'assemblea a ragionare sul fatto che la vera forza delle mafie sta fuori dalle mafie, sta nell'omertà, nella delega sempre e comunque quando c'è qualcosa da fare, sul fatto che le radici del crimine sono nei vuoti sociali e nelle disuguaglianze e sul fatto che si è perso di vista il concetto che la speranza se non è di tutti, non è speranza.
E in questo il nostro nord, il nord del governo del fare, quel governo che ha combattuto la mafia più di tutti, è rimasto indietro di decenni rispetto al sud. È rimasto indietro nella mentalità, intanto che vendeva la sua anima alle mafie e alla loro garanzia di prezzi più bassi, burocrazie più snelle, tanto qualche regolina si riesce sempre ad aggirare e se si va in perdita c'è sempre una mole di denaro spaventosa proveniente dal traffico di droga (si parlava del 3% del pil italiano). Una mentalità che continua, dopo decenni di esempi lampanti del radicamento delle mafie in appalti pubblici, appalti privati, ristorazione, servizi al cittadino, grandi opere, a negare, come negli anni 70 palermitani, che la mafia esista. Qui la mafia non esiste, i cantieri bruciano per vandalismo o autocombustione, i sindacalisti vengono pestati o uccisi dalle baby gang, ma secondo me si picchiano e uccidono da soli, via Palestro a Milano non è a Milano, i commercianti non pagano il pizzo, fanno donazioni. Questo si fa, si finge che tutto vada bene, che siano pochi episodi isolati, anche se si fanno centinaia di arresti tutti insieme, passa, scivola via perché, per citare l'ex sindaco Moratti, "qua a Milano non le facciamo mica quelle cose lì". E intanto si espande, questa melma malavitosa, dall'arcipelago di paesini che ricoprono ogni centimetro di territorio, scoraggiando la concorrenza e offrendo prezzi bassi, perché non gli importa certo di andare in perdita, l'importante è reciclare i soldi che gli abbiamo dato noi, gente del nord, per la loro droga. Li paghiamo due volte. Ma no, non sono mica mafiosi. Però ecco, appena la magistratura inizia a funzionare salta fuori di tutto, ce lo ha spiegato molto bene la vice sindaco del comune di Desio, sciolto un anno fa per infiltrazioni mafiose, che in una toccante testimonianza ha riportato la sua costante attenzione verso il territorio, in cui ha imparato che se c'erano i teli verdi sulle reti dentro c'era un abuso edilizio o una discarcia abusiva di rifiuti tossici, che nessuna società sana si può permettere di continuare a costruire case (poi risultate non sicure e dunque in futuro abbattute) senza affittarle o venderle, ma lasciandole sempre vuote. A Ottobre 2011 ci sono 1392 beni confiscati nel 2011 al nord. E intanto la popolazione sta zitta, perché se un cantiere è aperto da 10 anni e non ci lavora mai nessuno il problema sono i 20 minuti di coda, non che qualcuno di poco limpido ci sta lucrando sopra.
Il tutto era contornato, a Torino dico, da un attento occhio verso il nuovo codice antimafia di Alfano, che a detta di tutti i professionisti del settore fa compiere significativi passi indietro nella lotta alla mafia. Non ho le competenze per esporvi i motivi di questa affermazione, ma vi raccomanderei di documentarvi su alcuni punti: beni confiscati, intercettazioni e prescrizione. Perché si è stufi di un governo che si vanta di essere il migliore di sempre nella lotta alla mafia, ma salva il Ministro Romano, fa condoni, scudi fiscali, non si occupa del problema della corruzione, dell'evasione fiscale, tutti canali di illegalità in cui poi fluiscono anche le acque mafiose. Un governo che con le sue leggi ha mandato chiari messaggi alla mafia, che infatti si continua ad espandere. Perché, come dice il figlio di Pio La Torre (primo firmatario della prima legge antimafia, nel 1982, in cui mafia diventa una definizione giuridica, ucciso pochi mesi prima della discussione parlamentare) "Se la politica non si occupa di mafia, va a finire che la mafia si occupa di politica".
Quindi si, la situazione, anche e soprattutto qui al nord, è tragica, perché a furia di prendere con sorrisi e simpatia una tendenza di noi italiani a scavalcare le regole ci siamo dimenticati a cosa servono le regole, che costo enorme paghiamo tutti i giorni per scavalcare queste regole. Ed è bello che Libera dia un, purtroppo, piccolo esempio di movimento civile per la legalità, per riscattare l'infamia che, non paghi di gettarcela addosso, esportiamo in tutto il mondo.
P.S. Si, ho preferito non parlare dell'emozione, molto bella e genuina, di rivedere i miei compagni di lavoro nel campo di Polistena perché se no son troppo un sentimentale del cazzo.
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