martedì 25 settembre 2012

'A Renata!!

Non so se avete sentito, ma la regione Lazio (intesa come istituzione) è piena di porci. Porci che in una spinta di sincerità si vestivano pure da tali, divini, animali. Renata Polverini, che la Regione Lazio la presiedeva, ieri si è dimessa e la sua conferenza stampa la trovate qui. 

No, scusate, la trovate qui.

Ebbene, lasciando perdere che una settimana fa diceva il contrario e non ci credo manco se le vedo dentro quella testa da burina che ha aspettato fino ad oggi per vedere le falsità. Ha aspettato fino ad oggi perché ci sono delle prove tangibili, le fatture. Ebbene, Renata, questa storia non nasce da una faida interna a quell'accozzaglia di politicucci che chiamate PdL, questa storia nasce perché vi siete rubati i soldi per fare le festicciole travestiti da Ulisse. E non ti stai dimettendo perché l'hai scoperto e sei indignata, ti stai dimettendo perché l'opinione pubblica ne è venuta a conoscenza, tu lo sapevi benissimo. L'hai pure ammesso, visto che da domani dirò quello che ho visto. Non ne esci pulita, ne esci con le ossa rotte, tutto il partito ne esce con le ossa rotte. Se non fosse che i vermi di ossa non ne hanno. Nemmanco le ostriche, che esistevano, questo si, ben prima che arrivaste voi dilettanti.

Le procure non indagano sulle faide di partito. Le faide di partito non sono un reato (voglio dire, a meno che il partito non si chiami, chessò, 'ndrangheta, in quel caso si che lo sono, ma sto divagando).
La faida di partito è il motivo per cui in quel consiglio non ci dovevate nemmanco essere, che la lista alle elezioni non l'avevate presentata per cancellarvi i nomi di nascosto nei corridoi. C'eravate perché i vostri amichetti più illustri, che sempre a Roma stanno, vi han fatto la deroga ad partitum per fregarsene delle regole della democrazia. Immagino sia il rischio di avere come partito di maggioranza una serie di teste vuote e dita sul pulsante della fiducia parlamentare per salvare il loro capetto coi suoi amici da problemi che interessano solo lui.


Tra l'altro, in quale altra regione si è avuto lo stesso identico problema di liste? Si, quella. Cioè, questa, la Lombardia. Quella Lombardia con consiglieri regionali con ben due (DUE) madrelingua nella stessa igienista dentale che ieri abbiam potuto vedere senza maglietta come da lei promesso (e si, è meglio). Quella Lombardia con indagati per corruzione, concussione, peculato (ed indagati per quello che han fatto nell'esercezio delle loro funzioni o per aver magheggi del loro privato che son riusciti ad attuare grazie alle loro funzioni). Quella Lombardia dove ci son partiti così preoccupati dell'istruzione di uno dei consiglieri da mandarlo in erasmus in Albania, un erasmus particolare dove addirittura si è laureato, a tempo record, dopo aver fallito la maturità 3 volte.

Insomma... Ridatece Marrazzo, che almeno lui i trans non li pagava con i soldi della Regione.

venerdì 21 settembre 2012

Racconto d'autunno

Quanto può essere banale cominciare con una foglia che cade, artritica, da un albero? Ma era proprio quello che si vedeva, andava roteando in una discesa non uniforme, con capriole che la facevano accelerare e poi fermare a mezz'aria. L'albero da cui veniva era ormai troppo spoglio per proteggerla ancora, dunque piccole secchiate di gocce finissime finivano per appesantirla, facendola vibrare fino ad appiccicarsi al terreno, morta, per sempre.

L'ombrello era abbastanza grande da ricoprire tutti e due, ma dovevano star stretti, come pinguini, per proteggersi dagli schiaffi bagnati del vento. La pioggia fine li circondava tutt'intorno, glaciale, penetrante, di quelle pioggie che prendi senza proteggerti, non aggressive, ma che alla fine ti sono arrivate fino alle ossa. Stretti, uniti, cercando di arrotolare una sigaretta che andava via via svuotandosi, portata via dal vento.

Le automobili passavano poco più in là, in fila, ordinate, lente. La benzina ormai saliva di qualche centesimo ogni mese, ma nessuno rinunciava a passare quelle ore della loro giornata incolonnati, ordinati, nervosi, lenti. Persone che per dormire di più al mattino andavano di corsa, in modo da stancarsi e dover dormire di più: il riassunto della futilità. Ormai da tempo ci si era convinti che quelle carrozze a scoppio fossero indispensabili. Non importa che fossero lente, costose e stressanti, non se ne poteva fare a meno. Tossicodipendenza da spesa immotivata ed inefficiente.

Incendiare quelle sigarette dava qualche sfrigolio in più del solito, qualche goccia doveva averli in qualche modo raggiunti. Se ne stavano in silenzio ad osservare il verde che moriva per rinascere giallo, marrone e rosso, colori caldi per una stagione fredda. La pioggia suonava per loro e loro erano ben contenti di essere gli unici spettatori e, silenziosi, si scambiavano grandi pensieri con sorrisi appena accennati.

Rumori in lontananza di qualche treno carico di lavoratori, pronti ad affrontare un'altra giornata di fatiche. C'era chi faticava per comprarsi da mangiare, chi per dei nuovi vestiti, chi per fare un bel regalo alla fidanzata che gli anniversari sono il giorno in cui ci si dimostra l'amore vero, chi voleva un telefono nuovo da accarezzare che il vecchio era tutto pieno di ditate, chi invece lo faceva per pagarsi la benzina da bruciare dentro la sua carrozza a scoppio, ordinato ed in fila come tutti gli altri, ma almeno fuori da quel mucchio.

Loro invece erano fermi, erano lì solo per respirarsi un po' addosso, per produrre colonne di fumo allungate dal vento. Erano lì per compiacersi. Compiacersi davanti a tutti quelli troppo indaffarati per guardare l'autunno, compiacersi davanti ad un autunno che era venuto apposta per segnalare al mondo che le cose devono finire e dunque morire, compiacersi di qualcosa che stava nascendo, in autunno.

Un ottimismo immotivato, silenzioso, a tratti smielato, banale e irrazionale. Un ottimismo strano, bello, limpido.

Una foglia si stacca dal ramo, ha resistito più delle altre ma ora vuole, come le altre, fare le capriole, buttarsi giù sbattendo le ali, facendo finta di volare. Dall'altro lato della strada un ragazzo prende la pioggia e un altro gli si avvicina, offriva solidarietà.

lunedì 17 settembre 2012

Con voi non ci voglio giocare

Facebook è, da tempo, l'unica duratura interazione sociale che si ha con le persone che si conoscono poco. Il collante sociale contro una inevitabile deriva senza stalking, vero motore della società. In più, il social netuorc del male, che possiede la tua anima ed i tuoi affetti più o meno cari, ti da la possibilità di giocare, perché magari ci passi poco tempo davanti allo schermo bianco e blu.

In principio c'erano quei giochini da sala giochi, tetris, pac man, cose così. Quelle versioni taroccate ma identiche all'originale che ti facevano ricordare quanto un computer potesse rendere semplice divertirsi.
Una volta che hai finito di vedere la pagina del giorno di You Porn, intendo.
Ti consumavi di pippe e, sfibrato ma soddisfatto, mangiavi dei pallini sfuggendo ai fantasmini maniaci.

Poi sono arrivati i ...ville. Giochi di una noia disarmante in cui spargi di cacca le cose, che poi crescono, tu le raccogli e puoi ricominciare a spargere di cacca le cose. Oppure dove ti arredi casa, cose così. Avvincenti quanto un comizio dell'UDC.

In tutto ciò, da sempre, feisbuc, che è promotore e sostenitore dell'esperienza sociale, ti permette di invitare i tuoi amici, così giocate insieme, come da piccoli...

Sbagliato!

Con i nuovi giochi non li inviti per giocarci insieme, semplicemente perché non ci giochi insieme! Giocate da soli allo stesso gioco. Se li inviti è per dimostrare che sei meglio del tuo cerchio di amicizie (e grazie a sta fava: ci giochi da un gozziliardo di anni!), oppure li inviti per avere qualche premio da parte del gioco stesso. Insomma, il sistema di inviti è quanto di più egoista possa esserci nel capitalismo.
Infatti lentamente si è arrivati al punto che non inviti i tuoi amici, inviti quelli che non ti interessano, perché dopo il terzo invito che mandi quelle persone di certo non vorranno mai esserti amiche.

Pertanto ho deciso che da oggi, se ricevo più di una volta un invito per un gioco dove bisogna spargere la cacca, io vi cercherò, vi troverò e spargerò di cacca ogni oggetto che possedete. È il 3.0 baby, fattene una ragione.

P.s. Si, lo so, in sti post sono lamentoso (anche negli altri), però tutte ste notifiche per stafavaville mi impediscono di fare stalking a livelli accettabili. E la società, poi, crolla. E sarà colpa tua, stronzetto. E di stafavaville.

mercoledì 12 settembre 2012

Regole basilari per non farvi morire di una lenta ed orribile morte


Oggi riaprono le scuole, un sacco di gente in giro al mattino, fastidio, ansia sociale, giovini imbellettati che osservan più o meno di nascosto quando sono cresciute le compagne di classe, acne per le strade. Volevo fare una filippica su quanto sia stupido partire di mercoledì, ma ho preferito di farvi passare 3 minuti ad osservarmi mentre mi lamento delle automobili.

Scrivo da pedone, da ciclista, da aumobilista, da rompipalle. Quanto seguirà (o almeno credo, perché di solito se torno indietro in un post è per correggere gli errori di battitura o per cancellare tutto, non certo per riparare ad una mia promessa disattesa) è una serie di regole base che dovrebbe salvarvi dalla morte violenta per percosse che vi meritereste grossomodo tutti.

Partiamo da un evergreen: le frecce. Servono a segnalare a chi vi sta intorno dove diavolo volete andare, per azionarle basta un movimento di 2 centimetri del vostro dannatissimo dito che impiegate, facendo più fatica, per togliervi le caccole dal naso ed incollarle sotto il piantone dello sterzo (vi osservo, tutte le volte). C'è un tasto speciale, in più, che le aziona tutte e 4. Ebbene, quel tasto è per segnalare un'emergenza. Dunque si, potete usarlo se avete problemi con l'auto, potete usarlo se qualcuno in macchina sta male, ma no, non dovete usarlo se parcheggiate, quando si parcheggia si mette la freccia normale, come quando si svolta, stesso discorso quando vi mettete in sosta. Sapete perché? Perché se io non vedo completamente la vostra auto, siete solo dei tizi che stanno provando ad immettersi nel traffico, non segnala per nulla che siete fermi. No, non potete usarlo per fare inversione e no, non è il segnale universalmente riconosciuto per "ehi gente, guardatemi, sto per fare una pirlata perché me ne fotto di qualunque regola della strada". Non è, e non sarà mai, l'alibi per la vostra testadicazzaggine. Voi che fate le teste di cazzo non è un'emergenza, molto probabilmente è quella che voi chiamate... vita.

Il clacson non lo potete usare mai, se non in caso di emergenza e imminente pericolo. Il clacson deve servire a salvare una vita, l'integrità delle vostre auto, non deve servire a far sapere al vostro interlocutore che è un pirla. Non è una vendetta, innervosisce e basta. La gente nervosa poi fa cazzate (lo so non è il mio stile, ma ultimamente mi rimproverano se scrivo "la gente nervose fanno cazzate", cazzo di nazisti).

Ogni tanto capita che, chessò, si sbagli corsia in cui stare, finendo in svolte che non si vogliono prendere. Ebbene, supponiamo che voi siate nella corsia per svoltare a destra e voi volevate andare a sinistra. Che fate? No, non andare in cima e vi piantate in mezzo all'incrocio come se la vostra testa fosse una minchia d'oro. No, non vi piantate in mezzo alla strada a mò di "fottetevituttilamiavitaèpiùimportantedellavostra". E no, nel fare queste due cose non vi basterà fare la faccia di quelli che "eh lo so, ma devo andare di qua, che faccio? vado di là". SI, sei nella corsia per andare a destra, vai a quella cazzo di destra. Eh ma poi mi perdo. Vi svelo un segreto: se siete in città, 9 su 10, girando 4 volte a destra si torna allo stramaledettissimo punto di partenza. L'uomo è arrivato fino ad oggi orientandosi, orientatevi per dio, orientatevi.

I pedoni non hanno sempre ragione, ci sono posti per attraversare e posti che no, non c'è scritto da nessunissima parte che vi devo far passare perché siete in mezzo alla strada. Che minchia ci fate in mezzo alla strada, cammina altri 50 metri e vai sulle strisce pedonali. C'è un motivo per cui le strade non sono ricoperte in maniera continua da tali passaggi: lì, e solo lì, sei visibile ed io ho modo di rallentare, fermarmi e farti passare. Se tu sei in macchina ti devi fermare. Devi, non puoi, devi, obbligo. Fermare, non sterzare per evitarmi, la velocità media in auto in città sarà al massimo 7 km/h, puoi anche inchiodare a 7 km/h, fermati per la madonna, direi che 2 secondi di ritardo sono meglio di n anni di reclusione per omicidio no?

La bicicletta è un mezzo di locomozione su strada identico a tutti gli altri (se non fosse che è il modo più rapido in assoluto di spostarsi), ergo se non c'è una pista ciclabile deve stare in strada, non sul marciapiede. Se devi stare sul marciapiede scendi e la spingi. E tu, pedone sulla pista ciclabile, trovati una cazzo di bicicletta. Non mi pare che ti metta a camminare in mezzo alla strada no? Dunque, riassumento, pedoni sui marciapiede, ciclisti sulle ciclabili o in strada, auto in strada. È così semplice. Se una bici è in strada rispetta le regole della strada, non supera a destra, si ferma quando quelle grandi luci rosse in prossimità degli incroci sono accese, si ferma se ci sono quelle strisce bianche per terra che usano i pedoni e su cui, se vuole passare per attraversare, deve smettere di essere bici e tornare ad essere pedone. Eh, che sbatta però. Non me frega nulla se fai fatica, se non è un passaggio ciclabile è un passaggio pensato per oggetti che vanno a pochi km/h, non per te che vai veloce. E tu, automobilista, se devi superare una bici, metti la freccia e fai finta che sia un'auto, fare finta che non esista non ti aiuterà ad evitare la galera. (Sto tralasciando l'ovvio: le piste ciclabili non sono parcheggi, se sei una bici che deve svoltare a sinistra segnala la svolta e vai, come se fossi un'auto, se hai paura accosta, scendi e attraversa, non è difficile e ci metti di meno dei 9 mesi di riabilitazione in ospedale che ti aspettano altrimenti).

Insomma, regole base che in teoria riducono il traffico, dunque la vostra spesa in benzina, il vostro nervosismo e la reciproca voglia di mangiarci il cuore con un cucchiaio arrugginito.

La messa è finita, andatevene a fanculo.

Bacini.