sabato 24 agosto 2013

Farewell

È un po' che la meno con sta storia che sto partendo e, nella ritrovata spinta scrivente, ho deciso di sporcarvi lo schermo di rosso, grigino e nero ancora una volta. Lascio prima un po' sfrigolare la sigaretta da sola, che magari quell'unico, solitario, necessario cubetto di ghiaccio nel whiskey compie il suo destino. Sistemare la musica prima di partire mi ha fatto quasi completare la compilation blues che da anni ho in cantiere. Oddio, mancano ancora 5 o 6 pezzi e non sono sicuro dell'ordine, ma mi piace raccontarmi di non essere ancora a 3 anni dalla conclusione. Però mi ha fatto notare che, per uno che ascolta fin troppo fedelmente solo musica prodotta prima dell'85, il duemila pare abbia segnato un ritorno in gran carriera del blues. Non tutto il male vien per nuocere, ma magari studio ancora un po' prima di infilarmi in un post musicale, di nuovo. Poi mi becco del radical chic, di nuovo. Che poi son solo il solito pirla, come sempre.

L'estate è arrivata tardi, ha ruggito violenta e pare essersi spenta in un soffio di polvere e turisti di rientro. Mi mancano pochi giorni, ho quasi risolto ogni problema immediato, devo giusto capire come far stare buona parte della mia vita in 20 kg e la cosa deprimente è che molto probabilmente ci riuscirò, se non altro per un obbligo imposto da logiche ignare di qualunque principio della teoria degli errori.

Mi è capitato di partire, nella vita dico, alle volte anche proprio per non tornare, tipo quando mi han strappato via da Milano per quell'inferno apatico chiamato Brianza. Quasi sempre però son partito ben consapevole di quando e come sarei tornato. Giusto una volta questo pensiero non mi sfiorò nemmeno, la grande fuga del 2009. Quattro amici, una macchina piena di cose poco usate, una tenda, un'Italia da girare, da costa a costa, nessuna tabella di marcia, che tanto anche a farla non resisteva più di mezza giornata. Quella volta lì si scappava tutti da qualcosa, chi dal vuoto, chi dall'instabilità, chi dalla troppa stabilità, chi dai propri errori, chi da una combinazione delle precedenti e chi non ha neanche mai detto il perché. Però sapevo che prima o poi saremmo tornati, che i soldi sarebbero finiti, che era un giro dell'Italia e dunque, per definizione, dal punto di partenza ci doveva pur passare. In quel viaggio forse ognuno di noi cambiò, seppellire un cadavere non è cosa di tutti i giorni se poi non ci girano sopra un horror scadente e in fondo in 5 in auto non ci si stava. No, non fu quel tipo di viaggio, ma fu un viaggio che ci unì, in maniera strana, quell'unione che non ha bisogno della vicinanza per resistere. In fondo uno è già andato da un po', io lo sto in un certo senso raggiungendo, l'altro ci sta pensando e l'ultimo chi lo sa. Tuttavia da quella fuga ho sempre avuto la sensazione forse ingenua che lo scorrere del tempo non possa allontanare il ricordo di quei 4, più magri, meno istruiti e con più capelli, che hanno rotolato per l'Italia e sono quasi morti uscendo dall'autostrada, o almeno così ci piace ricordare.

Quella macchina è la stessa che portò due di noi, in un infinito viaggio senza grandi soste, fino in Calabria per fare un campo di volontariato di Libera. Anche quella fu una fuga per noi, sebbene si rivelò poi qualcosa di più profondo e duraturo, abbastanza da non poter essere contenuta in un paragrafo di un post (soprattutto perché ne ha già uno tutto suo), la scoperta di una nuova famiglia. Una fuga che riprese a fine campo, in salita sulla Salerno-Reggio Calabria, con troppo sonno sulle palpebre e troppi pensieri nella testa. Al punto che alla fine ci si fermò a galleggiare in cerchio come i vecchi nel basso Lazio, con la tenda, la stessa, piantata con solo un terzo dei picchetti perché posta su una buona approssimazione di ciò che definirei cemento. Un ritorno che durò ancora qualche giorno, ne avevamo bisogno. Un ritorno fatto in folle, perché quell'altro idiota era partito praticamente senza soldi e avevamo fatto l'ultimo pieno prima di Perugia. Ma, anche lì, tornammo. Tornammo e per me cominciò una grande esperienza, ora soffocata da troppi mesi di tesi, lavoro, preparazione, con Libera. Qui, in Brianza. Quante cose sono successe solo perché ho passato 7 giorni in una scuola elementare in Calabria con altri 35 amici.

Ma ora è diverso, il biglietto è di sola andata e io non sto scappando, se non da un sistema e una società che non mi hanno voluto. Ma per una volta voglio fare solo il sentimentalone, non parlerò dei perché, li sapete, sono quelli di tutti gli altri. Ne ho una paura fottuta, di quel "sola andata" cliccato di corsa per non pensarci troppo. Ne ho paura perché qui sto lasciando veramente tutto, dalle esperienze fatte a quelle linee d'universo più o meno volontariamente non percorse e, per quanto sia consapevole che semplicemente se ne stanno spiegando altre davanti a me, non posso non pensare che quelle stiano svanendo: per quanto mi possa impegnare ad accumularle fra 7 giorni saranno esperienze ormai svanite via. Poi ci sono le cose molto importanti, che rimangono anche se io vado proprio per la loro importanza e per tale importanza non meritano di essere scritte qui.

È tuttavia inutile negare che però mi mancheranno anche cose che potrebbero sembrare più stupide. Tipo Radio Popolare mi mancherà, sono quasi 20 anni che la sento e non poter più mettere sul 107.6 mi mancherà. Tra l'altro la fuga del 2009 di cui sopra venne proprio concepita di ritorno dagli studi gialli di via Ollearo, nel traffico della circonvallazione alle 18, dopo Mentelocale. Mi mancherà nonostante possa sentirla ancora in streaming, mi sentirò sempre un po' in ritardo e di certo se c'è qualche iniziativa non ci potrò andare con troppa facilità. Certo è che sto andando via proprio per avere uno stipendio, quindi potrò finalmente abbonarmi con soldi miei, dopo tanti anni.
Tipo il Libra, il pub più a Berlino della Lombardia (o qualcosa del genere), mi mancherà, perché è difficile immaginare un altro posto che mi faccia sentire a casa dal primo giorno (e se non ti ci senti, a casa dico, c'hai dei problemi di vita). Perché la famosa fuga del 2009 sarà stata concepita in auto ma pianificata, per quanto inutilmente, al sole di un lampione proprio lì davanti, perché è stato luogo di incontri importanti, scontri dolorosi, playlist composte da pezzi dei Clash o dei Ramones, angurie ricolme di vodka, chupiti, abbracci, ghiaccioli, serate al bancone, scrittura della tesi, amicizie coltivate e amicizie anche solo abbozzate. Due esempi di quotidiano che mi lascio alle spalle e che, come mille altre cose, non avrò più, non nel quotidiano. Ecco, questo fa paura nell'andare via, soprattutto senza sapere se e quando si tornerà (oltre che come turista, intendo).

Si, non ho parlato delle persone (a ben vedere si, ma non abbastanza), però in fondo ho pensato che quelle che val la pena vedere le posso vedere un po' in qualunque posto del mondo, tanto meglio se non è un posto dove sto peggio. Eppoi, che cazzo, mi sto fabiovolizzando troppo in questi post, mica mi posso addentrare in sto discorso. Suvvia.

Quindi gnente, mi mancherà l'Italia, nonostante l'Italia e il suo costante impegno a non farsi rimpiangere.

La sigaretta non sfrigola più e non è la stessa di prima, il bicchiere è vuoto, la compilation prosegue nel suo riempire la notte, in 20 kg non ci starà mai tutto, perché non tutto si può lasciare a casa, anche se sta smettendo di essere casa.
Farewell, non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d'estate
con qualcosa di fragile come le storie passate

Bigodino.

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