Sapete quanto mi piaccia sparare sul PD, bersaglio facile, un po' fumoso in questi giorni, ma non per questo meno facile. Tuttavia sta volta temo che il mio bersaglio sia il secondo più facile.
No, Berlusconi e compagnia son fuori concorso.
Il popolo della rete è il mio bersaglio di oggi. Questo è l'anno italico in cui l'esperienza di socialità virtuale ha il ruolo di protagonista nel dibattito pubblico durante delle elezioni di cariche di un certo spessore. È successo col Papa ed è stato divertente (Che vi custodisca la Madonna, cit.). Poi certo, la parte complottista della rete ha rispolverato il papa nero, i templari. Quella più entusiasta ha iniziato ad usare parole come rivoluzionario, riferendosi al capo di un'istituzione che parla ancora in latino, vede le donne comme serve adoranti, si fa baluardo della discriminazione (crimine più grande, visto che la dottrina indicherebbe proprio l'opposto), copre sovente arzilli vecchietti troppo interessati a giovani ragazzini, è permeata da un livello di omertà che nemmeno nella Palermo degli anni 70 ed obbliga i fedeli a bizzarre pratiche di travestimento per diventare tali. Però ha preso un pulman, è rivoluzionario.
Ma sto divagando, non è del Papa, che è pure molto più simpatico del precedente (anche di quello prima, dittatori benedetti a parte), che vi voglio parlare. Ho osservato con divertito stupore il polverone che la presunta base del PD ha sollevato nel momento in cui ha proposto un candidato condiviso con il PdL, quando dall'altra parte c'era Rodotà. Mi son abituato con gli anni ad aspettare gli effetti delle intenzioni politiche, più che le intenzioni. Ad esempio, le intenzioni di ogni provvedimento verso l'istruzione pubblica del governo Berlusconi terzo erano ridurre gli sprechi, diminuire il potere dei baroni, migliorare la produzione scientifica. Tutte cose magnifiche, un po' come l'amore che vince sull'odio, la vita è meglio della morte e Julian Ross che senza il problema al cuore avrebbe fatto fare la panchina a Holly. Gli effetti di tali intenzioni son stati per lo più grandi difficoltà per quelle realtà che funzionavano bene, baroni che certo non si son sentiti attaccati (e infatti non han protestato) e, in sostanza, una serie di paletti sempre nuovi che han solo reso più macchinoso garantire un'istruzione. Dunque, come dicevo, gli effetti sono la cosa importante, in politica, che sia la strada per l'inferno che quella per il paradiso sono lastricate di intenzioni più o meno buone.
Dunque ho provato a dare una lettura alla manovra di Bersani di questi 2 giorni, così manifestamente suicida da lasciar tutti pieni di parole di disprezzo. Un tiro libero, smarrimento, depressione, fastidio, tessere tagliate. Sperma dei renziani in ogni dove.
E se...
Se Bersani, che ha fatto malissimo la campagna elettorale non riuscendo a vincere elezioni già vinte, che ha provato l'unica cosa sensata (l'accordo con Grillo), che ha ricevuto porte in faccia, insulti, colpe del suo partito (e si, del partito, troppo facile dire Bersani, che per dio non è come gli altri), avesse pensato a qualcosa di più articolato?
Per esempio, supponiamo di essere a 3 giorni fa. Tuonavano i giornali contro una sinistra che ci faceva perdere tempo (certo, un partito sta zitto da 1 mese, l'altro dice solo vaffanculo e cazzate costituzionali ed è colpa della sinistra se perdiamo tempo). Il PdL si poneva come compatto, pronto all'accordo, istituzionale, responsabile, rassicurante. Il M5S che perde voti ad ogni dichiarazione dei suoi, perché grossomodo la sensazione è che stiano andando peggio di quanto i critici prevedessero. Renzi che spacca le balle perché non sa fare dichiarazioni senza distruggere il suo fragile partito. Lui, Bersani, è nel mezzo, col sigaro, la birra e la consapevolezza che il suo turno ormai è passato ma che, ad oggi, ogni alternativa distruggerebbe il partito in maniera irrimediabile. Quindi che fa? Si sacrifica e salva il partito, quel che ne rimane almeno. Fa l'accordo col PdL su Marino presidente della Repubblica. Putiferio, Sel che esce, il PD che si indigna, vecchia guardia ben arroccata, elettorato che intasa il sito di Rayanair. Ma se quel voto, che a quel punto volevo dire elezione certa, evidenziasse che in fondo il PdL non è così compatto, che c'è una responsabile voglia di dialogo pur di uscire dall'empasse, che c'è una parte di PD che rivendica un'appartenenza di sinistra, uno spirito anticasta, una riabilitazione del distruttore per eccellenza, Renzi. Se servisse solo a bruciare il candidato che vuole il nemico, facendo vedere al nemico che le forze non le ha, così da aver le mani libere e abbracciare un accordo, questo si, di governo per un presidente condiviso con coloro che si proclamano rinnovatori e che solo con un governo avrebbero la possibilità di rinnovare. Se tanto ormai lui, Bersani, è perduto (per colpe non sue per la maggior parte) e allora tanto valeva spazzare via insieme a lui i responsabili di questo fallimento.
D'altro canto perfino D'Alema è qualche giorno che si sposta verso Renzi.
Ovviamente anche questo è un discorso ipotetico, fatto prima di vedere gli effetti, un potenziale boomerang che però vuole evidenziare una cosa molto semplice: la rete ancora non è pronta ad accogliere il dibattito politico, l'attualità. O meglio, ancora non siam pronti a riconoscere dove cominci il delirio e finisca la notizia, dove ci sia una manovra politica e dove cominciamo ad abboccare come pesci senza idee proprie. Insomma Twitter non può essere, non ancora, il modo di diffondere la notizia. Non siete pronti, non lo siamo. Abbiamo fretta di smettere di ragionare e non abbiamo ancora gli automatismi che servirebbero per dare il giusto peso alle cose. In questo i telegiornali ci son caduti da tempo, i giornali pure, qua e là. Ma la partita per la partecipazione consapevole e utile del cittadino alla vita politica non deve essere necessariamente persa a colpi di hashtag.
Poi oh, teste di pirla, il pd non è un partito di sinistra da un po'. Non facciamo quelli che cascan dal pero ogni volta che fanno una cosa da partito di centro centrosinitra con qualche lieve cedimento a destra. Insomma.