A cercar di capire il PD di questa settimana si fa oggettivamente fatica e, come detto nello scorso post, serve per forza aspettare il risultato finale. Il problema di un vecchio modo di fare politica, cioè IL modo di fare politica con discussioni, compromessi, accordi, tatticismi, è che abbiamo una visione in diretta di ogni movimento e, chiaramente, il malcontento sale.
Sono convinto, verbo forte e non così veritiero, che quello che la dirigenza sta facendo sia, al netto di strategismi vari, una mossa per riabilitare l'immagine di quello che rimarrà del partito. Un partito che di figuracce ne ha collezionate tante e gravi e che sta raccogliendo tutta l'imbecillità all'interno delle figure della vecchia dirigenza, la quale sta, rumorosamente in modo che sia evidente che chi rimane imbecille non sia, lasciando il campo ad una classe dirigente nuova che colpevolmente non hanno formato negli ultimi 20 anni (almeno). Sventolato lo spauracchio dell'accordo suicida con il PdL si sono ricompattati come non mai sotto il nome del solito salvatore Prodi, nome da bruciare in quanto eleggerlo così, a maggioranza assoluta, avrebbe rappresentato una forzatura che a parti invertite non vorremmo mai vedere. Quello che Bersani, che è il capro espiatorio di una lunga storia di sotterfugi, non poteva prevedere è che ci fossero così tanto traditori della linea concordata dal partito tutto. Probabilmente il piano era non passare di poco, fare un passo indietro su Prodi che così non risultava condiviso come si richiederebbe e puntare sul nome che hanno in testa dal principio e che, come al solito, non è stato detto per non esporlo al tritacarne dell'opinione pubblica.
Le dimissioni di Bersani, che comunque si sarebbe dimesso a fine mese per decadenza naturale del suo mandato, sono un'altra azione plateale fatta con l'intenzione di sottolineare questa manovra rinnovante.
Insomma, una buona cosa. Quello che non perdonerò mai, tra le altre cose, al partito è che sta bagarre han deciso di farla nel momento in cui si elegge la più alta carica dello Stato, una mancanza di rispetto per il ruolo del futuro eletto e del ruolo che i grandi elettori hanno di una bassezza che raramente si è vista. Citando il buon [c*]: nel pidí troppa gente che non aspettava che una scusa. spaccarsi per marini è come lasciarsi perché lei schiaccia il dentifricio dal mezzo. Ecco, se ho indovinato i loro scopi nelle rige sopra, farlo in un momento alto come l'elezione della prima carica dello Stato è sconfortante.
Così invece si è consumata la resa dei conti finale e ora, che piano piano si sfileranno tutti i grandi vecchi, al PD si presenta l'occasione d'oro di una svolta vera. Non per quanto riguarda la Presidenza della Repubblica, quello è IL ruolo istituzionale e con la politica ha meno a che fare di quanto si pensi. L'occasione è di poter dare al partito una nuova dirigenza, una nuova organizzazione e, auspicabilmente, un nuovo modo di fare politica, al di là del leader, che non è mai stata una parola rilevante tra le fila del PD. Un modo di cambiare la spina dorsale, lo scheletro, così che il cuore pulsante ed i muscoli del partito, che ci sono, la base, i volontari, possano finalmente fare meno fatica.
L'occasione potrebbe essere una rottura col passato apatico, col passato di incomunicabilità, di incomprensioni. L'occasione è quella di costruire ciò che, mancando da anni, è in un certo senso il motivo del declino del Paese: una forza a sinistra. La costruzione di una sinistra definita, compatta, culturale, che ritorni veramente a parlare con la popolazione, che sviluppi nuovamente quell'empatia verso gli ultimi necessaria per garantire la giustizia sociale nelle loro azioni farebbe tornare a votare compatto il famoso 30% che ha sempre votato a sinistra. Essendo una sinistra post ideologica, se riempita sapientemente di idee (che non tutte devono essere di sinistra, ma almeno facciamo che tutte le idee di sinistra le propone quel partito e non gli altri, di sinistra deve esserci il modo di metterle in pratica), raccoglierebbe l'elettorato che di sinistra non è mai stato, una parte, che il 100% non lo si può avere (e non lo si deve avere, nessuno ha mai fatto bene col 100%). Toglierebbe voti ad un partito la cui idea di politica è chiedere ogni volta ad una parte dell'elettorato cosa fare, riducendo il ruolo del parlamentare a quello di guardiano e maggiordomo senza idee o iniziativa. Soprattutto costringerebbe la destra (che non c'è mai stata, come una sinistra, noi siamo il Paese del più o meno, del pressapoco, del grossomodo) a sdoganarsi da una gestione berlusconiana della cosa pubblica, a incentrare il dibattito sulla politica e non sulle cose di poco conto (perché il problema non è Berlusconi che pensa a se stesso da 20 anni, ma che il partito di maggioranza pensa solo a lui da 20 anni). Insomma il PD ha l'occasione di togliere i contorni fumosi che ha sempre avuto e riscattare la politica del Paese tutto, ha l'occasione di farci cambiare passo, a tutti, facendo finire in colpo solo Berlusconi ed il berlusconismo.
Per altro questo farebbe di fatto scomparire il M5S, che ha sicuramente dato un bello scossone alla politica (bastava una spintarella) ma che sta culturalmente agendo in maniera dannosa. Non tutti possono fare i parlamentari, non si può chiedere a tutta la popolazione ogni volta se si vogliono prendere delle decisioni, semplicemente perché serve preparazione, serve visione d'insieme, serve dialogo con chi tuo elettore non è. Per questo fare il parlamentare è, sebbene ce ne siamo dimenticati, un grande onore, un premio verso quei cittadini si sono distinti per capacità ed attenzione per la cosa pubblica. Per questo i parlamentari non sono e non devono diventare delle scimmie cui le dichiarazioni sono proibite, che devono allinearsi al volere di un popolo della rete che, anche a pensar bene (e non è il mio caso, io stesso so di essere un esempio lampante di quanto scadente sia il popolo della rete), al più ha un visione sul proprio giardino, raramente anche su quello del vicino, ma quello del vicino gli fa antipatia.
Non farlo, a questo punto, sarebbe un colpo finale ad ogni cosa per cui in sto Paese si è combattuto, pensateci bene.
Sono convinto, verbo forte e non così veritiero, che quello che la dirigenza sta facendo sia, al netto di strategismi vari, una mossa per riabilitare l'immagine di quello che rimarrà del partito. Un partito che di figuracce ne ha collezionate tante e gravi e che sta raccogliendo tutta l'imbecillità all'interno delle figure della vecchia dirigenza, la quale sta, rumorosamente in modo che sia evidente che chi rimane imbecille non sia, lasciando il campo ad una classe dirigente nuova che colpevolmente non hanno formato negli ultimi 20 anni (almeno). Sventolato lo spauracchio dell'accordo suicida con il PdL si sono ricompattati come non mai sotto il nome del solito salvatore Prodi, nome da bruciare in quanto eleggerlo così, a maggioranza assoluta, avrebbe rappresentato una forzatura che a parti invertite non vorremmo mai vedere. Quello che Bersani, che è il capro espiatorio di una lunga storia di sotterfugi, non poteva prevedere è che ci fossero così tanto traditori della linea concordata dal partito tutto. Probabilmente il piano era non passare di poco, fare un passo indietro su Prodi che così non risultava condiviso come si richiederebbe e puntare sul nome che hanno in testa dal principio e che, come al solito, non è stato detto per non esporlo al tritacarne dell'opinione pubblica.
Le dimissioni di Bersani, che comunque si sarebbe dimesso a fine mese per decadenza naturale del suo mandato, sono un'altra azione plateale fatta con l'intenzione di sottolineare questa manovra rinnovante.
Insomma, una buona cosa. Quello che non perdonerò mai, tra le altre cose, al partito è che sta bagarre han deciso di farla nel momento in cui si elegge la più alta carica dello Stato, una mancanza di rispetto per il ruolo del futuro eletto e del ruolo che i grandi elettori hanno di una bassezza che raramente si è vista. Citando il buon [c*]: nel pidí troppa gente che non aspettava che una scusa. spaccarsi per marini è come lasciarsi perché lei schiaccia il dentifricio dal mezzo. Ecco, se ho indovinato i loro scopi nelle rige sopra, farlo in un momento alto come l'elezione della prima carica dello Stato è sconfortante.
Così invece si è consumata la resa dei conti finale e ora, che piano piano si sfileranno tutti i grandi vecchi, al PD si presenta l'occasione d'oro di una svolta vera. Non per quanto riguarda la Presidenza della Repubblica, quello è IL ruolo istituzionale e con la politica ha meno a che fare di quanto si pensi. L'occasione è di poter dare al partito una nuova dirigenza, una nuova organizzazione e, auspicabilmente, un nuovo modo di fare politica, al di là del leader, che non è mai stata una parola rilevante tra le fila del PD. Un modo di cambiare la spina dorsale, lo scheletro, così che il cuore pulsante ed i muscoli del partito, che ci sono, la base, i volontari, possano finalmente fare meno fatica.
L'occasione potrebbe essere una rottura col passato apatico, col passato di incomunicabilità, di incomprensioni. L'occasione è quella di costruire ciò che, mancando da anni, è in un certo senso il motivo del declino del Paese: una forza a sinistra. La costruzione di una sinistra definita, compatta, culturale, che ritorni veramente a parlare con la popolazione, che sviluppi nuovamente quell'empatia verso gli ultimi necessaria per garantire la giustizia sociale nelle loro azioni farebbe tornare a votare compatto il famoso 30% che ha sempre votato a sinistra. Essendo una sinistra post ideologica, se riempita sapientemente di idee (che non tutte devono essere di sinistra, ma almeno facciamo che tutte le idee di sinistra le propone quel partito e non gli altri, di sinistra deve esserci il modo di metterle in pratica), raccoglierebbe l'elettorato che di sinistra non è mai stato, una parte, che il 100% non lo si può avere (e non lo si deve avere, nessuno ha mai fatto bene col 100%). Toglierebbe voti ad un partito la cui idea di politica è chiedere ogni volta ad una parte dell'elettorato cosa fare, riducendo il ruolo del parlamentare a quello di guardiano e maggiordomo senza idee o iniziativa. Soprattutto costringerebbe la destra (che non c'è mai stata, come una sinistra, noi siamo il Paese del più o meno, del pressapoco, del grossomodo) a sdoganarsi da una gestione berlusconiana della cosa pubblica, a incentrare il dibattito sulla politica e non sulle cose di poco conto (perché il problema non è Berlusconi che pensa a se stesso da 20 anni, ma che il partito di maggioranza pensa solo a lui da 20 anni). Insomma il PD ha l'occasione di togliere i contorni fumosi che ha sempre avuto e riscattare la politica del Paese tutto, ha l'occasione di farci cambiare passo, a tutti, facendo finire in colpo solo Berlusconi ed il berlusconismo.
Per altro questo farebbe di fatto scomparire il M5S, che ha sicuramente dato un bello scossone alla politica (bastava una spintarella) ma che sta culturalmente agendo in maniera dannosa. Non tutti possono fare i parlamentari, non si può chiedere a tutta la popolazione ogni volta se si vogliono prendere delle decisioni, semplicemente perché serve preparazione, serve visione d'insieme, serve dialogo con chi tuo elettore non è. Per questo fare il parlamentare è, sebbene ce ne siamo dimenticati, un grande onore, un premio verso quei cittadini si sono distinti per capacità ed attenzione per la cosa pubblica. Per questo i parlamentari non sono e non devono diventare delle scimmie cui le dichiarazioni sono proibite, che devono allinearsi al volere di un popolo della rete che, anche a pensar bene (e non è il mio caso, io stesso so di essere un esempio lampante di quanto scadente sia il popolo della rete), al più ha un visione sul proprio giardino, raramente anche su quello del vicino, ma quello del vicino gli fa antipatia.
Non farlo, a questo punto, sarebbe un colpo finale ad ogni cosa per cui in sto Paese si è combattuto, pensateci bene.
A cercar di capire il PD si diventa ciechi. Non è uno dei momenti peggiori della politica italiana, ma come hai ben detto ci sono riflettori e media che non danno tregue. E sta facendo una pessima figura, non male per chi aveva la possibilità di raggiungere la maggioranza.
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