Cammino per la città, di notte, solitudine accompagnata da luci dal giallo sodio, lapilli di una sigaretta che sporcano il portatile nell'altra mano. Mano tesa, a cercare una connessione da carpire per qualche minuto, giusto per vedere se il mondo si ricorda di far accadere qualcosa.
Niente, la città non è nemmanco ospitale come speravo, divisa in due linguaggi e due soltanto, l'università ne è fiero baluardo, di questa divisione, di questa esclusività di linguaggio. Francese o olandese, fuori dalla mia aula non ho altra scelta. E sì che da qualche parte dovrebbe esserci il parlamento europeo qui, il simbolo di un'unione forse fittizia e sicuramente ipocrita in quella che sembra una città che fa della dicotomia la sua caratteristica finora più evidente. È bello difendere la propria cultura, tuttavia le barricate non han mai portato poi così lontano.
Tornare a vedere delle automobili intorno a me ha un che di fastidioso, ci sono persino dei clacson. Potrei tornare a casa e dormire un po', tuttavia quel maledetto lampione è esattamente a mezzometro dalla finestra e, come dire, è sempre il cazzo di giorno. Il campus è buio, semideserto, inquietante, alberoso, non vedo a più di 1 metro da me. In effetti una sigaretta non può illuminare più di tanto, senza contare il suo carattere effimero. 318, devo arrivare a 139. Sono pure dalla parte sbagliata, mannaggia al diavolo.
Sta cosa di non avere la connessione è sfibrante, unico legame con quella che era una vita precedente, con quella che potrebbe farsi vita presente e un discreto futuro. Sono solo al quarto giorno qui, ne mancano altri 17. Di numeri civici, invece, ne mancano ancora 130. Forse se chiudessi il portatile potrei camminare più rapido.
Quel che era un rituale ormai consolidato, il controllare gli italici avvenimenti, lo scambiare quattro chiacchere con gli amici di sempre, l'aiuto to end the day, mi è oramai precluso, schiacciato tra una serie di corsi intensivi e un appartamento rimasto negli anni 90, ma senza l'eroina. La birra aiuta, 7 gradi, praticamente estiva, finisce prima di fare effetto.
Finalmente a casa, posso mettere della musica, stasera deve essere Giuradei a fornirmi qualche strofa, un'ultima birra lo richiede mentre scrivo. L'enorme vetrata fa tutta la sua scena, cornice di una stanza vuota, dal soffito di 5 metri abbondanti, un tavolo che contiene a malapena un quaderno e un letto come abbandonato al sole del lampione al sodio che fa capolino prepotente, privando del riposo il vostro affezionatissimo. In realtà forse è la prima cosa che scrivo senza poter pubblicare istantaneamente, la prima volta che non potrò chiedere autorevoli pareri nell'immediato susseguirsi della pubblicazione. Ok, non la prima, ma in fondo serviva un tono di epicità a quello che potrebbe rimanere l'ennesimo, vuoto, gorgoglìo di parole senza tema. Percepisco a volte l'eco del battere dei tasti.
Quattro o cinque per gabbia, siete i prigionieri, senza senso né rabbia, siete i matti di ieri.
L'ultima birra è scivolata nell'interno della pelle, come fodera di un sacco pieno di disorientazione e parole pressapoco inventate. Domani si comincia con String Theory I, finalmente, un barlume di ambiente accogliente, financo rassicurante.
La tranquillità unica, che poi è una sensazione mista alla rabbia di sempre, è sapere che, al solito, gli italici avvenimenti sono decine, ma non succede mai nulla. Un Paese addormentato mentre il mondo crolla, brulica di vita.
Scoprire di aver vissuto una vera quotidianità della distanza quando forse si pensava ad uno spensierato scambio epistolare è un qualcosa che ti strappa i peli dello stomaco. Sti preti son proprio bravi a far la birra. Forse le birre condivise a distanza han tuttavia un sapore di diversa vitalità, ma confido nel fatto che da qualche parte qualcuno possa condividere cotanta corposità.
Più dell'immagine di una birra solitaria al chiaror di led c'è provare a bere una birra esaurita al chiaror di led. In una scala di immagini poco allegre, intendo. Il piano di scrivere per prendere sonno non sta funzionando, ma so per certo che mancano 4 ore allo spegnimento del lampione, alché avrò circa mezzora prima che il sole diventi troppo forte.
Mi faccio una passeggiata. 7 sigarette dura, una città che non dorme in effetti, una città che non so dove si dirami, confinati in questa semiperiferia da campus da un precluso utilizzo di google maps. Una città che ha ancora del vibrante adolescenziale sesso seminascosto nelle vene delle sue strade.
Forse potrei riconsiderare la mia posizione sugli smartphone, ma in fondo in mondo giusto avrei un appartamento di questo secolo, non credo sia necessario riconsiderare un oggetto del secolo scorso spacciato come indispensabile per il futuro per potersi far accarezzare a caro prezzo.
Vado a far l'equilibrista sulla linea tra Olanda e Francia, come se fossi l'unico a percepire quanto sia meno che un segno per terra. Pare che senza muri non ci si scomodi troppo per rimediare.
Niente, la città non è nemmanco ospitale come speravo, divisa in due linguaggi e due soltanto, l'università ne è fiero baluardo, di questa divisione, di questa esclusività di linguaggio. Francese o olandese, fuori dalla mia aula non ho altra scelta. E sì che da qualche parte dovrebbe esserci il parlamento europeo qui, il simbolo di un'unione forse fittizia e sicuramente ipocrita in quella che sembra una città che fa della dicotomia la sua caratteristica finora più evidente. È bello difendere la propria cultura, tuttavia le barricate non han mai portato poi così lontano.
Tornare a vedere delle automobili intorno a me ha un che di fastidioso, ci sono persino dei clacson. Potrei tornare a casa e dormire un po', tuttavia quel maledetto lampione è esattamente a mezzometro dalla finestra e, come dire, è sempre il cazzo di giorno. Il campus è buio, semideserto, inquietante, alberoso, non vedo a più di 1 metro da me. In effetti una sigaretta non può illuminare più di tanto, senza contare il suo carattere effimero. 318, devo arrivare a 139. Sono pure dalla parte sbagliata, mannaggia al diavolo.
Sta cosa di non avere la connessione è sfibrante, unico legame con quella che era una vita precedente, con quella che potrebbe farsi vita presente e un discreto futuro. Sono solo al quarto giorno qui, ne mancano altri 17. Di numeri civici, invece, ne mancano ancora 130. Forse se chiudessi il portatile potrei camminare più rapido.
Quel che era un rituale ormai consolidato, il controllare gli italici avvenimenti, lo scambiare quattro chiacchere con gli amici di sempre, l'aiuto to end the day, mi è oramai precluso, schiacciato tra una serie di corsi intensivi e un appartamento rimasto negli anni 90, ma senza l'eroina. La birra aiuta, 7 gradi, praticamente estiva, finisce prima di fare effetto.
Finalmente a casa, posso mettere della musica, stasera deve essere Giuradei a fornirmi qualche strofa, un'ultima birra lo richiede mentre scrivo. L'enorme vetrata fa tutta la sua scena, cornice di una stanza vuota, dal soffito di 5 metri abbondanti, un tavolo che contiene a malapena un quaderno e un letto come abbandonato al sole del lampione al sodio che fa capolino prepotente, privando del riposo il vostro affezionatissimo. In realtà forse è la prima cosa che scrivo senza poter pubblicare istantaneamente, la prima volta che non potrò chiedere autorevoli pareri nell'immediato susseguirsi della pubblicazione. Ok, non la prima, ma in fondo serviva un tono di epicità a quello che potrebbe rimanere l'ennesimo, vuoto, gorgoglìo di parole senza tema. Percepisco a volte l'eco del battere dei tasti.
Quattro o cinque per gabbia, siete i prigionieri, senza senso né rabbia, siete i matti di ieri.
L'ultima birra è scivolata nell'interno della pelle, come fodera di un sacco pieno di disorientazione e parole pressapoco inventate. Domani si comincia con String Theory I, finalmente, un barlume di ambiente accogliente, financo rassicurante.
La tranquillità unica, che poi è una sensazione mista alla rabbia di sempre, è sapere che, al solito, gli italici avvenimenti sono decine, ma non succede mai nulla. Un Paese addormentato mentre il mondo crolla, brulica di vita.
Scoprire di aver vissuto una vera quotidianità della distanza quando forse si pensava ad uno spensierato scambio epistolare è un qualcosa che ti strappa i peli dello stomaco. Sti preti son proprio bravi a far la birra. Forse le birre condivise a distanza han tuttavia un sapore di diversa vitalità, ma confido nel fatto che da qualche parte qualcuno possa condividere cotanta corposità.
Più dell'immagine di una birra solitaria al chiaror di led c'è provare a bere una birra esaurita al chiaror di led. In una scala di immagini poco allegre, intendo. Il piano di scrivere per prendere sonno non sta funzionando, ma so per certo che mancano 4 ore allo spegnimento del lampione, alché avrò circa mezzora prima che il sole diventi troppo forte.
Mi faccio una passeggiata. 7 sigarette dura, una città che non dorme in effetti, una città che non so dove si dirami, confinati in questa semiperiferia da campus da un precluso utilizzo di google maps. Una città che ha ancora del vibrante adolescenziale sesso seminascosto nelle vene delle sue strade.
Forse potrei riconsiderare la mia posizione sugli smartphone, ma in fondo in mondo giusto avrei un appartamento di questo secolo, non credo sia necessario riconsiderare un oggetto del secolo scorso spacciato come indispensabile per il futuro per potersi far accarezzare a caro prezzo.
Vado a far l'equilibrista sulla linea tra Olanda e Francia, come se fossi l'unico a percepire quanto sia meno che un segno per terra. Pare che senza muri non ci si scomodi troppo per rimediare.
E torniamo a vestirci da diavoli sotto natale, ci sarà tempo per purificare.
Ryanair.
Nessun commento:
Posta un commento