Perché io finisca sempre qui, lo ammetto, non lo so spiegare davvero. Mi crogiolo nel mio universo di parole a tratti ben scelte, di pensieri a tratti profondi, di equazioni a tratti eleganti, di facce gialle sorridenti, di visualizzato alle, di post scritti con le migliori intenzioni, sempre le stesse, ma che non portano più da qualche parte come un tempo.
La verità è che queste pagine potrebbero essere la chiave, questo crogiolarsi in attesa che un'idea originale salti fuori, che si viva su quel tratto per l'ennesima volta, che quindi qualcosa, per qualcuno appollaiato sul proprio letto in attesa di finire la giornata, rimanga. Ma qui, caro sfaccendato lettore, le cose si fanno complicate, è l'ansia da prestazione che va a subentrare. Dunque, per lo stesso motivo per cui lo fai con le donne, bevi per scrivere. Esiste un limite, nel magico mondo dell'accoppiamento quel limite, il limite del nonimportaquantotiimpegni, è proporzionale alla bellezza del fiore che stai per cogliere, ma nella scrittura, che è un mettersi a nudo diverso ma non meno potente, è anche meno facile da individuare. Perché la proporzionalità non sta nel legame fisico o emotivo di un altro essere umano, ma nella violenza del pensiero nella tua testa, nella tua capacità di guardarti dentro, nella tua volontà di colpire il disattento lettore.
Il desiderio che ogni interazione con queste pagine, con i pensieri, sia d'impatto assoluto verso il lettore è l'ansia da prestazione di cui sopra. Ha in alcuni casi funzionato, robe da piegare le ginocchia come un bacio ben dato, ma, appunto, non può essere a comando, non può essere sempre. Questo combattere ad ogni post contro l'anonimato può financo distruggerti, ma è lì che ti ricordi che sei una roccia, che sai navigare nella merda come nel nulla fino ad una nuova boccata dell'ossigeno caloroso del lettore. Certo, a parlare di nulla finisci per passare per uno di quei giornalisti di Rolling Stones (scusami, dovevo), ma son anche i rischi del nulla, che la merda è facile da spalar via, sei una roccia, lo sei da un po', sia bene come si affonda facilmente così come sai quanto solidamente tu possa lasciartela alle spalle. Col nulla si han più timori, analoghi ai precedenti. Perché il lettore non è la scialba ragazzetta che vuoi intrattenere giusto il tempo di finire il tuo gin&tonic annacquato, il lettore lo vuoi far tornare, vuoi che ti esprima le sue emozioni, che tra le sconclusionate righe delle tue pagine si ritrovi a suo agio al punto da iniziare a guardarsi dentro lui stesso.
Dunque forse devo smettere di pensare a quanto devo dire e semplicemente cominciare ad esprimermi, che la lontananza dalla vita che descrivevo si fa sentire anche nell'incertezza delle dita che corrono su questa tastiera e non ero certo pronto a tutto ciò. Lasci tutto quello che hai, letteralmente, e lo ritrovi solo in schermi retroilluminati, che filtrano la vita altrui, che ti tengono lontano. Devo forse smettere di attaccarmi all'enfasi per negare a me stesso la verità (che per quanto trasparenti siano e quanto lo siano le persone al di là di quegli schermi, saranno sempre un filtro, una proiezione), dando per altro uno sgradevole senso di arteficiosità a chi sta dall'altra parte. Insomma è forse l'ora di far finire l'adolescenza, di tornare a dipingere, di rispettarsi di più. Perché sei una roccia, lo sei sempre stato, hai navigato nella merda come nel nulla, ne sei uscito indistruttibile, determinato, sicuro. La bellezza è qualcosa che ti sa rendere insicuro in una maniera fin troppo profonda, è l'estasi, l'agonia a tratti, che ti sa pervadere quando capisci questo semplice concetto, ma rimani una roccia. Forse hai smesso di esserlo superficialmente, ed era anche ora, ma roccia rimarrai e per gli altri roccia resterai.
Ora, pezzidimerda, trovatemi un altro blogger che si prodiga con tanta epicità a parlarvi di masturbazione.
Chimica.
La verità è che queste pagine potrebbero essere la chiave, questo crogiolarsi in attesa che un'idea originale salti fuori, che si viva su quel tratto per l'ennesima volta, che quindi qualcosa, per qualcuno appollaiato sul proprio letto in attesa di finire la giornata, rimanga. Ma qui, caro sfaccendato lettore, le cose si fanno complicate, è l'ansia da prestazione che va a subentrare. Dunque, per lo stesso motivo per cui lo fai con le donne, bevi per scrivere. Esiste un limite, nel magico mondo dell'accoppiamento quel limite, il limite del nonimportaquantotiimpegni, è proporzionale alla bellezza del fiore che stai per cogliere, ma nella scrittura, che è un mettersi a nudo diverso ma non meno potente, è anche meno facile da individuare. Perché la proporzionalità non sta nel legame fisico o emotivo di un altro essere umano, ma nella violenza del pensiero nella tua testa, nella tua capacità di guardarti dentro, nella tua volontà di colpire il disattento lettore.
Il desiderio che ogni interazione con queste pagine, con i pensieri, sia d'impatto assoluto verso il lettore è l'ansia da prestazione di cui sopra. Ha in alcuni casi funzionato, robe da piegare le ginocchia come un bacio ben dato, ma, appunto, non può essere a comando, non può essere sempre. Questo combattere ad ogni post contro l'anonimato può financo distruggerti, ma è lì che ti ricordi che sei una roccia, che sai navigare nella merda come nel nulla fino ad una nuova boccata dell'ossigeno caloroso del lettore. Certo, a parlare di nulla finisci per passare per uno di quei giornalisti di Rolling Stones (scusami, dovevo), ma son anche i rischi del nulla, che la merda è facile da spalar via, sei una roccia, lo sei da un po', sia bene come si affonda facilmente così come sai quanto solidamente tu possa lasciartela alle spalle. Col nulla si han più timori, analoghi ai precedenti. Perché il lettore non è la scialba ragazzetta che vuoi intrattenere giusto il tempo di finire il tuo gin&tonic annacquato, il lettore lo vuoi far tornare, vuoi che ti esprima le sue emozioni, che tra le sconclusionate righe delle tue pagine si ritrovi a suo agio al punto da iniziare a guardarsi dentro lui stesso.
Dunque forse devo smettere di pensare a quanto devo dire e semplicemente cominciare ad esprimermi, che la lontananza dalla vita che descrivevo si fa sentire anche nell'incertezza delle dita che corrono su questa tastiera e non ero certo pronto a tutto ciò. Lasci tutto quello che hai, letteralmente, e lo ritrovi solo in schermi retroilluminati, che filtrano la vita altrui, che ti tengono lontano. Devo forse smettere di attaccarmi all'enfasi per negare a me stesso la verità (che per quanto trasparenti siano e quanto lo siano le persone al di là di quegli schermi, saranno sempre un filtro, una proiezione), dando per altro uno sgradevole senso di arteficiosità a chi sta dall'altra parte. Insomma è forse l'ora di far finire l'adolescenza, di tornare a dipingere, di rispettarsi di più. Perché sei una roccia, lo sei sempre stato, hai navigato nella merda come nel nulla, ne sei uscito indistruttibile, determinato, sicuro. La bellezza è qualcosa che ti sa rendere insicuro in una maniera fin troppo profonda, è l'estasi, l'agonia a tratti, che ti sa pervadere quando capisci questo semplice concetto, ma rimani una roccia. Forse hai smesso di esserlo superficialmente, ed era anche ora, ma roccia rimarrai e per gli altri roccia resterai.
Ora, pezzidimerda, trovatemi un altro blogger che si prodiga con tanta epicità a parlarvi di masturbazione.
Chimica.
pezzidi?
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