sabato 29 dicembre 2012

La prima volta che leggo un libro

Non è un post che vuol parlare del mio primo libro letto, che leggere mi è sempre piaciuto (ma questa è una frase quasi fatta). Non è nemmeno un post che vuol parlare delle sensazioni che provo quando leggo per la prima volta un libro, anche perché sono rare le volte in cui un libro lo leggo una seconda volta. In più non sono sicuro di poter generalizzare così le mie sensazioni. Vi voglio parlare del primo libro scritto da Guccini che ho letto.

Vedete, come dicevo, il leggere è un'attività che faccio volentieri e si potrebbe dire che il 70% del mio lavoro consiste nel leggere ma la gelida verità è che il leggere ricreativo, inteso come quell'ovattato momento in cui non leggo frasi in un inglese semplice finalizzate a spiegarmi la parte infinitamente piccola dell'universo, è un qualcosa che da qualche anno manca. Mi piace raccontarmi, come credo piaccia a tutti quelli in questa situazione (quella di uno che dacché ha imparato di libri ne ha divorati parecchi ma che ormai non si sa nemmeno orientare in libreria), che non leggo perché non ne ho il tempo. Tuttavia la verità, tanto gelida da farsi cocente è che sono tremendamente pigro. Con il feroce ticchettare dell'età che avanza mi sono imposto, da ben 8 giorni, di tornare come un tempo, ho cominciato da Lo Hobbit (ché ho visto il film, ben recensito qui) e, insomma, sono a 3 libri letti, mi sembra sia buono. Proprio di uno di questi vi voglio parlare: Malastagione, scritto da Guccini e Macchiavelli (non quello, sarebbe improbabile, stupidi) edito da Mondadori.

Non mi dilungherò a lungo su Guccini e quanto sia importante nella mia formazione politicoartisticomusicalecomportamentalumoristica, magari ci spendo qualche riga un altro giorno. Di libri suoi, proprio per quella profonda ammirazione che forse un po' traspare dalle mie parole, non ne avevo mai letti di proposito: un po' per paura che non fossero all'altezza della sua vita musicale, un po' per non cadere nell'idolatria cieca, per quanto giustificata. Questa è una riflessione che mi son sempre tenuto per me e quest'anno i miei amici, fantastici, han avuto l'idea azzeccata di regalarmene un paio. Idea che per ora (un libro e un quarto dopo) si è rivelata strepitosa. Ma ora mi accorgo di essermi comunque dilungato.

Dunque, con la sintesi che mai sarà padrona di queste pagine, il libro è un giallo e io i gialli non li ho mai apprezzati molto perché passo più tempo a risolverli che a leggere, ma ammetto che questo (non so quanto sia farina del suo sacco e quanto ci abbia messo le mani Loriano Macchiavelli) mi ha tenuto col naso tra le pagine. Sarà per quel nome in copertina che me l'ha fatto leggere tutto col tono di voce, la erre moscia, l'intonazione che son propri del Maestro, sarà perché il giallo del libro è un po' tutto un pretesto per parlare di una piccola parte di quel cancro italiano chiamato speculazione edilizia, sarà l'atmosfera da osterie di fuori porta (ma, ammettiamolo, ogni giorno potrei trovare una canzone diversa), sarà che ogni personaggio ti si forma davanti agli occhi pagina dopo pagina come una foto Polaroid. Oppure potrebbe essere che la storia di una montagna, con le sue vite dentro, che sa rifiutare la modernità dove questa si presenta con troppa aggressività la sento molto vicina, saranno che i dialoghi mi hanno più volte divertito, non lo so, è un libro che mi ha colpito. Ve lo raccomando dunque, perché difficilmente mi ero affezionato a dei personaggi dopo solo un giorno che li conoscevo. Insomma non voglio dirvi altro perché sta anche un po' a voi scoprirlo (e di recensioni non ne ho mica mai fatte, mi limito a parlar per qualche minuto).

A questo proposito, arrivando così alla fine parlando di cose negative, la corona della vergogna se la merita tutta Mondadori (ho deciso che quanto segue è sua responsabilità). Agli autori piace tenere qualche nome o qualche dettaglio nell'ombra, facendo agire il personaggio come se sapesse ma tenendo il lettore, per una volta, lontano dall'onniscienza. Ebbene, Mondadori, tra il retro di copertina, l'elenco dei personaggi in ordine di apparizione in seconda pagina, i titoli dei capitoli (molto brevi, la cosa mi piace molto) praticamente svela metà della storia e un buon terzo dell'intrigo. Io me ne sono accorto troppo tardi di questo gioco malato, ma questo non mi impedisce di avvertirvi da stare ben lontani da queste informazioni non richieste che non mi sembran proprio un'idea degli autori.

1 commento:

  1. Io non ho mai letto nulla di Guccini, ma ogni tanto lo noto, sia tra i romanzi (non questo, quello con la copertina verde) sia tra i fumetti, in qualità di sceneggiatore. Non so dire se merita o se, piuttosto, è merito del nome. Credo che l'apporto di Machiavelli, oltre a rendere più machiavellica la trama, sia di sopperire a eventuali mancanze narrative, per esempio sorreggere la storia quando c'è un intrigo, una scena d'azione o cos'altro. Di solito è così quando il secondo nome è meno importante del primo - ma di modalità di collaborazione, ce ne sono parecchie. Sceneggiare un fumetto, va detto, non è una quisquilia. Significa che il buon cantautore s'intende anche di cinematografia, perché il linguaggio da fumetto è molto diverso da quello da romanzo.
    Detto questo, non leggo gialli. Quando inizierò, perché prima o poi vorrei tentare, inizierò con un Conan Doyle. Non è snobismo, ce l'ho pronto quando voglio... ma ho anche dei Simenon, e qualche Christie (e svariati italiani). Questo significa che se non ho mai letto gialli è colpa mia, non dell'ambiente.
    Grazie per la citazione!

    RispondiElimina