domenica 23 dicembre 2012

La vera storia non ancora scritta del Natale - Parte Terza.

 Qui la seconda parte

Aveva capito improvvisamente cosa fare, dopo anni in cui avvelenava i cuori della gente con illusioni non meno effimere degli oggetti che compravano perché li dominassero nella vita quotidiana. Quello sarebbe stato l'anno del riscatto, per lui e per tutti.
Il lavoro fu febbrile, mancavano pochi giorni e non poteva certo permettersi di sforare, rinunciò del tutto al nutrimento e col passare dei giorni diventava sempre più simile ad un punto interrogativo. Quando si accorse che la sua testa era diventata troppo piccola per tenere gli occhiali si rese conto che in quel regalo ci stava mettendo se stesso, tutto se stesso.

Lavorava febbrilmente, rinunciando anche a mangiare, consumandosi in quel suo desiderio. Combinava insieme cavi elettrici spessi come capelli, le sostanze magiche che aveva così pigramente somministrato nelle menti di tutti quelli senza desiderio e comprimeva tutto con marchingegni di ingegneristica precisione e con tutti i regali che aveva già finito nei mesi passati. Ogni giorno si incurvava sempre di più e il suo progetto prendeva sempre più forma. Non era così felice da anni, stava scomparendo, ma non era mai stato così felice. Pinze, tronchesi, chiave inglese, e passami la saldatrice Gloin, diceva. Si, forse stava impazzendo: Gloin era finito nella morte della cassa integrazione decenni prima.

Così il giorno si avvicinava, si trascinava stancamente, ma con vigore, tra il suo tavolo di lavoro ed il tetto dove teneva la sua auto già carica del carburante necessario. Il regalo era pronto e non sarebbe mai stato dimenticato. Con la situazione ambientale di quel tempo la notte ed il giorno erano uguali, nessuno dormiva mai veramente e questo gli faceva gioco: dovevano vederlo tutti.

Accensione, un rombo stanco ed intenso che non sentiva nessuno se non lui, la neve fuligginosa ovattava ogni suono e lui nel frastuono si allontanava da tutti, silenzioso come la notte perenne di quell'era. Tutto era lì dentro stipato, ogni regalo, il suo regalo. Saliva e piangeva, perché finalmente, con il suicidio del vecchio signor Natale ancora negli occhi, stava rimediando ad un sonno che certo non era stato solo suo, ma che sicuramente non aveva contrastato. Ad ogni metro si lasciava alle spalle la pigrizia di decenni, le menzogne di decenni, riprendendosi un ruolo che è sempre stato suo.

Il botto lo sentirono tutti, in mille lapilli la bomba esplose nel cielo, carica di un desiderio. Un urlo che per la prima volta superava i vetri dei palazzoni tutti uguali e finalmente squarciava il cielo. Io ero per strada e lo vidi, lo squarcio intendo, e dietro vidi un azzurro tenue, di quelli che avevo visto solo nei libri. Uno squarcio che risucchiò via il marcio che tutto permeava, uno squarcio che faceva entrare per un solo istante una calda luminosità, una sensazione mai sentita ma che comunque da sempre mancava. Un vecchio colpevole moriva nella sua bomba e regalava, per un solo istante, la visione del mondo come dovrebbe essere a tutti noi che non l'avevamo mai visto o l'avevamo dimenticato.

Ancora se ne parla di quella visione fugace, di quel singolo istante di speranza. Bastò quell'unico regalo per dare una nuova forza ad ognuno di noi, per tornare a combattere per quel singolo momento in cui si è intravisto il sole: era bastato ricordarsi della sua esistenza. I cuori di ognuno tornarono a schiudersi ed ogni anno si ricorda che quel giorno il mondo ha cominciato a provarci di nuovo. La strada sarà ancora lunga ma è da quel giorno che, visto cosa ha fatto scattare quel gesto, si dice di nuovo a ragion veduta Buon Natale.


Illustrazioni di Lucia Palombi, che ringrazio tanto per averle realizzate così bene e con così poco preavviso

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